Avvocati al lavoro, idem la procura federale. La data del processo sul caso Spezia-Parma non è ancora stata fissata, ma i preparativi fervono eccome, soprattutto sul fronte gialloblù, Calaiò compreso. Le memorie difensive saranno lunghe e corpose, dettagliate nei mini particolari, anche perché l’obiettivo numero uno è l’assoluzione immediata. Ma per arrivare a questo finale la strada è complessa e tortuosa. Tutto ruoterà attorno al significato dei messaggi inviati da Calaiò al collega De Col (e non solo): una stravagante goliardata? Un reale tentativo di illecito? Oppure un gesto da catalogare nella sfera della slealtà sportiva, senza secondi fini? Soffermiamoci su quest’ultimo interrogativo, perché nel caso in cui il tribunale della Figc dovesse sposare questa linea, allora il reato contestato alla società Parma Calcio 1913 decadrebbe (quasi) in automatico. Sì, perché in questo caso non parleremmo più di articolo 7 del codice di giustizia sportiva (Illecito sportivo), bensì di articolo 1, con riferimento ai doveri e agli obblighi dei tesserati Figc.
Il comma 5 dell’articolo 4 del codice sportivo (responsabilità delle società) parla chiaro: “Le società sono presunte responsabili degli illeciti sportivi commessi a loro vantaggio da persone ad esse estranee. La responsabilità è esclusa quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato”. Dettagli e sottili differenze che in sede processuale possono ribaltare tutto. La linea difensiva del Parma punta all’assoluzione piena, così come quella di Calaiò. Insomma, “il fatto non sussiste”.
Se così non fosse, però, le strade della “slealtà sportiva” e della “responsabilità personale” restano le uniche certezze per salvare la serie A e cancellare l’accusa di responsabilità oggettiva che pende sui gialloblù. Sempre che la procura federale non abbia in mano delle carte segrete che possono aggravare l’impianto accusatorio.