Anche per lui vale il detto “a volte ritornano”. Andrea De Rossi è di nuovo a Parma, otto anni dopo. Uffici sempre a Moletolo ma questa volta qualche metro più avanti rispetto ad allora, quando giocava, e allenava, nel Gran. Otto anni sono lunghi e lui ne ha fatta di strada, per citare il supermolleggiato, e qualcosa è cambiato a Parma, stadio compreso, da quando vestiva di blu e celeste. «Sì, un bell’impianto, costruito per le Zebre. Peccato che siano “sparite” alcune realtà di Parma però il rugby è cambiato, l’Italia è cambiata. E’ sempre stata una realtà difficile, Parma – osserva De Rossi-. Quando giocavo io qui c’erano due belle realtà, sono stati due anni bellissimi per me con bei derby; ma erano bei tempi per il rugby italiano in generale, poi la crisi e il cambiamento hanno soffocato un po’ tutto». Fino a pochi mesi fa era in zona anche suo fratello Marco; ritrova, comunque, volti noti come quello di Roberto Manghi ma anche quello di Roberto Mandelli, che confabulava con lui pochi istanti prima di questo incontro: «Ho rivisto Buraldi, Ragone e altri del vecchio Gran». Per venire alle Zebre, De Rossi è sceso in corsa da un treno per prenderne al volo un altro. «Intanto è un privilegio perché è stato fatto il mio nome. E’ una cosa un po’ strana perché è stata inaspettata l’uscita di Fabio Ongaro. Il tutto, però, è avvenuto col rispetto e con gli accordi societari perché il presidente Gavazzi mi disse subito che se Rovigo avesse detto di no avrebbe lasciato perdere. Il presidente Zambelli mi ha detto che non se la sentiva di dirmi di no perché era un’opportunità importante e quindi eccomi qui. L’ho ritenuta un’opportunità per crescere e per mettermi in gioco; nella vita si fanno scelte, si cambiano tanti lavori a volte. Io sono passato dal campo alla scrivania, diciamo, ma non è cambiato tanto: si vive il rugby in modo diverso. Però dovrei andare in campo anch’io come Fabio ed è importante anche fare sentire la tua presenza lì». De Rossi curerà anche il lato sportivo occupandosi dei contratti e del mercato, mansione per lui non nuova avendola vissuta a Prato. Già, Prato poi Rovigo: De Rossi ha lasciato, dopo tre stagioni e uno spizzico, la guida di una squadra insieme a Filippo Frati col quale c’è un legame speciale: «Innanzitutto ci lega un’amicizia che data dai tempi della nazionale. Credo ci sia un enorme rispetto reciproco che è cresciuto negli anni e lo dimostra il fatto che non abbiamo mai voluto ricoprire un ruolo da capo allenatore ma gestire la squadra di comune accordo perché ci sentiamo allo stesso livello. Quando ti chiudi in una stanza e parli tranquillamente, ti diverti anche e trasmetti gioia, emozione e voglia di fare ai ragazzi credo sia un’arma vincente, oltre ad averci la squadra. Lo so … non s’è vinto niente e non sai quante notti c’ho pensato; però vedo il bicchiere mezzo pieno perché fino lì ci devi arrivare. E’ che ne ho perse anche da giocatore, speriamo di non portare sfiga se no … » ci ride su De Rossi. Giocatore, allenatore, team manager/direttore sportivo passando per commentatore tv: what’s next? : «Ahahah … Non lo so … Per ora va bene così, voglio fare bene quello che sto facendo che è un lavoro di responsabilità, quotidiano, di precisione, di comunicazione. Poi vedremo».
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Andrea De Rossi di nuovo a Parma: “Con le Zebre un’opportunità per crescere”
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