Si lamentano tutti, sparano a zero sulla Figc, prendono la Premiere League come esempio e danno lezioni di bon ton. Ma alla fine è il solito teatrino all’italiana. Una valanga di parole che non trovano conferme nei fatti.
La chiusura del calciomercato è stata posticipata di 2 ore, dalle 20 alle 22 di lunedì 2 settembre. Il motivo? Esigenze tv. Cioè consentire a Sky e agli altri operatori di poter riprendere in diretta e ad un orario più consono alle loro esigenze editoriali e commerciali, gli ultimi istanti del calciomercato, con la fatidica chiusura della porta che segnerà il termine ultimo per la consegna dei contratti. Uno spettacolo trash che va avanti da alcuni anni, tra spintoni, urla e signorine seminude. Lo chiamano spettacolo, ma in realtà è un’altra cosa.
Uno spettacolo che allenatori, dirigenti e giocatori condannano in modo quasi unanime, perché avrebbe più senso chiudere il calciomercato prima dell’inizio dei campionati, come avviene altrove. Utopia.
Faggiano, D’Aversa e gran parte dei loro colleghi hanno “denunciato” pubblicamente questa stramberia, ma le loro parole sono rimaste inascoltate, perché purtroppo la decenza e l’intelligenza non abitano più nel nostro Paese. Un Paese basato sulle plusvalenze fittizie, sui debiti e sugli stadi obsoleti.
Due ore in più non cambiano la vita a nessuno, per carità, ma facciamola finita con questa farsa. Il calcio italiano è in piedi e più o meno competitivo con il resto dell’Europa grazie ai soldi delle pay tv. Punto. Comandano loro, le logiche dello sport e del buon senso non esistono più. E magari tra qualche anno il calciomercato resterà aperto 365 giorni l’anno e si svilupperà nelle quattro mura della casa del Grande Fratello. Per buona pace di tutti gli attori del teatrino.
Dimenticavo: a partire da giovedì 29 agosto i dirigenti e gli agenti dei giocatori si ritroveranno per il rush finale all’hotel Brun di Milano (oggi Sheraton), un luogo storico del calciomercato dove in passato sono stati conclusi affari che hanno fatto storia, tra questi il passaggio di Fabio Cannavaro dal Napoli al Parma nell’estate del 1995 per la cifra di 13 miliardi di lire.