Grande protagonista della terza puntata stagionale di PARMATALK (vedi qui), in onda su SportParma.com, il super ospite Antonio Nocerino che, in qualità di doppio ex di Juventus e Parma, ha commentato la sfida all’Allianz Stadium.
Collegato da Orlando, Stati Uniti d’America, dove risiede da 8 anni, l’ex centrocampista ha analizzato il rammarico rimasto in bocca ai ducali per un 2-2 che, seppure in casa della Juve, non soddisfa a pieno. Per togliersi questo sapore bisognerà lavorare sull’ultima giocata, quella decisiva: «Come mai a volte non arrivano i tre punti? Come mai il Parma è bello, gioca bene ma non vince? Sbagliano le decisioni. Sul salvataggio di Gatti, il giocatore del Parma [Almqvist, ndr] non sapeva se tirare o passare la palla: lì non devi pensare, devi buttare giù la porta. Man, secondo me, lì faceva gol!» ha affermato Nocerino, che ha poi proseguito con queste parole. «Il Parma ha giovani fortissimi, che giocano a memoria: l’unico modo per salvarsi è continuare a giocare come stanno facendo. Il Parma non può fare palla lunga, ha bisogno di giocare: la mancanza di esperienza fa parte del percorso. Anche contro il Napoli avevo visto la partita ed era mancato l’ultimo passaggio per incidere. Ha tanti giocatori di grande talento, però il giocatore più smaliziato, più cattivo è Man: si vede che è un giocatore totalmente diverso dagli altri. Rispetto a tutte quelle che ha dietro, il Parma è quella che gioca meglio, ha un’identità, crea tanto. Essendo una squadra tanto giovane, un errore tecnico va messo in conto: preferisco un errore di un giocatore che prova a uno che non prova nemmeno. Le palle nitide che ha avuto ieri [mercoledì, ndr] il Parma sono situazioni che potevano far finire in maniera diversa la partita».
La vecchia conoscenza di Palermo, Milan e West Ham ha elogiato in particolare due singoli dell’undici di Pecchia: Woyo Coulibaly e Zion Suzuki. «Coulibaly ha tenuto con grande personalità Conceiçao, uno dei giocatori che dribbla di più in tutta Europa: gioca a destra a sinistra con la stessa qualità. Il portiere… è fortissimo. Lo seguo da quattro anni nella nazionale giapponese: ha personalità, ha carattere, ha leadership, è bravo coi piedi, capisce il gioca. È giovane, sì, ma in prospettiva è fortissimo. E io mi sono allenato con un ragazzo di 16 anni con Donnarumma: non era quello che è adesso. La differenza la fa la personalità. Quando vedi un portiere con personalita… Il fisico, la forza, le scelte, le migliori, ma la personalità non l’alleni: quella ce l’hai o non ce l’hai. L’importante è la reazione all’errore. Suzuki è sempre in partita: sbaglia una volta, ma poi sta nella partita». Ma in generale l’intero organico è valutato dal 39enne neoallenatore – che da poco ha lasciato la panchina del Miami FC – all’altezza della Serie A e dell’obiettivo salvezza: «Il Parma è forte: giocare a Napoli e allo Juventus Stadium come ha fatto il Parma non è da tutti: soprattutto a Napoli, dove ora la differenza è Conte, che ha già costruito una corazzata. Il Parma a Napoli ha giocato benissimo. Io non sarei così preoccupato».
Immancabile un momento amarcord del periodo, da gennaio a maggio 2015, in maglia crociata. Breve, ma intenso: 20 gare di Serie A, 1.648′ giocati con 3 gol e 1 assist, prima del fallimento. Così intenso da lasciarsi andare a un logo “sfogo” a cuore aperto: «Io venivo da 5 mesi al Torino dove ero stato malissimo – ha raccontato – e volevo andare via. Conoscevo bene Donadoni, che mi aveva fatto debuttare in Nazionale. Sapevo la situazione del Parma. In quel periodo là io, nel giro di un mese, persi mio papà e mia mamma: volevo smettere. Ecco perché Parma ce l’ho nel cuore. Sono andato al Parma senza prendere soldi, aiutando tutti quelli che c’erano e in cambio ho avuto tantissimo a livello umano. Io volevo smettere: a Torino prendevo lo stipendio e non ero felice, a Parma non prendevo lo stipendio e venivo da una situazione familiare disastrosa ma ero felice. Mi ricordo che noi abbiamo fatto di tutto per aiutare coloro che non prendevano stipendi: è stata una cosa bellissima. Se tornassi indietro, lo rifarei mille volte. Umanamente un’esperienza incredibile. Mi ha dato calcisticamente, ho fatto 3 gol, ho giocato in uno stadio dove hanno giocato giocatori veri e ho indossato una maglia gloriosa in Italia e nel mondo».
E ancora: «Nel bene o nel male, se ho reagito è perché ho trovo persone, come Donadoni, che mi hanno fatto vivere bene e che mi hanno aiutato a reagire, ovviamente insieme alla mia famiglia o a me stesso. Queste situazioni qua o ti abbattono o reagisci. Io ho fatto quello che mi hanno insegnato i miei genitori, che mi hanno sempre insegnato che nonostante tuto bisogna andare avanti a testa alta, senza mollare e senza dimenticare i sacrifici che si fanno per arrivare dove arriviamo. Parma la porta nel cuore con grande affetto: esperienza positiva, nonostante tutto, e credetemi ne è valsa la pena. Dopo un allenamento abbiamo mangiato pane e salame nel parco con i tifosi: un’esperienza bellissima, come se fosse un terzo tempo. Bello, bellissimo. Sono più le cose positive che mi ricordo, quelle negative le ho rimosse. Parma, un’esperienza super positiva. Se il Parma fosse ripartito dalla C, sarei rimasto tranquillamente: dopo quell’annata avrei voluto contribuire alla rinascita».
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