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Parma Cremonese 1 1 37a giornata Serie B 2023 2024 squadra crociata sotto la curva Nord

Il Gede Risponde

IL GEDE: «Parma, la squadra è già attrezzata per la Serie A»

©Foto: Lorenzo Cattani

IL GEDE: «Parma, la squadra è già attrezzata per la Serie A»

Dopo un periodo di pausa, torna l’appuntamento con “Il Gede Risponde”, la storica rubrica di Sportparma.com firmata dall’ex allenatore crociato Pietro Gedeone Carmignani.

Tanti gli argomenti da commentare insieme al nostro opinionista speciale. Con i campionati che hanno emesso i verdetti, il “Gede” ha fatto il punto della situazione, partendo ovviamente dal Parma promosso in Serie A…

Ci eravamo lasciati a dicembre, dopo lo 0-0 di Cosenza, con il Parma a +2 e +4 su secondo e terzo posto: ci ritroviamo alla fine della corsa con i ducali che hanno chiuso davanti a tutti, a 76 punti (record eguagliato), 3 in più del Como, 6 in più del Venezia. Un primato legittimato nel tempo.
«Un Parma che ha fatto un gran campionato. L’ha dominato dall’inizio alla fine: il vantaggio sulla seconda non è mai stato in discussione, questa è un merito di tutto l’ambiente. Io metto sempre al vertice la società perché, nel bene e nel male, è sempre la maggior responsabile; poi, viene lo staff tecnico e i giocatori che vanno in campo. Ma anche tutto l’ambiente: la stampa, i tifosi. Voi tutti meritate questo ritorno in Serie A. Parma è una città che ti lascia sempre vivere bene, non ci sono mai contestazioni. Io ho lavorato al meglio vivendo un periodo con la squadra agli ultimi posti della classifica».

Solo 4 sconfitte in questo campionato; nel 2022/2023, sempre con Pecchia, e anche nel 2021/2022, invece, erano state quasi il triplo (11). La mentalità è diventata vincente?
«Sì, anche la mentalità. Ma il Parma è stato superiore dal punto di vista tecnico-tattico, agonistico, della determinazione, fin dall’inizio. Campionato dominato, in cui la mentalità c’entra, come tutte le altre cose. Quando vinci, è facile avere la mentalità vincente; è quando perdi che non ce l’hai. Sono venute le vittorie e non le sconfitte, e anche i pari sono stati limitati: al giorno d’oggi un pareggio è una mezza sconfitta. Questa squadra, fatta di giovani di prospettiva, ha vinto le partite spesso nei minuti di recupero: significa che giocava dall’inizio alla fine. A parer mio, questa squadra, così com’è, sarebbe già attrezzata per la Serie A: Pecchia vorrà qualche rinforzo, immagino. Però, quando l’ho vista giocare in Coppa Italia a Firenze, strameritava di vincere. Se gioca negli spazi aperti è terribile per chiunque. Non sarà come in B dove le squadre si chiudono, è chiaro: in Serie A  le squadre più blasonate ti attaccano e ti lasciano più spazi, e lì l’abilità tecnica diventa fondamentale. Ecco perché questa è una rosa molto indicata per la Serie A».

il gede risponde carmignaniIn Serie A, quindi, cambierà più l’attitudine che i singoli giocatori?
«Come dicevo, Pecchia può contare su giovani di valore. Bernabé ha tecnica, abilità e velocità; Benedyczak trova la porta, è un altro elemento da tener presente per il futuro; Estévez a centrocampo tatticamente è importante, anzi, anche di più; Delprato è un giocatore veramente eclettico, che sa leggere le partite e districarsi in più ruoli e mi sembra una certezza; poi, anche Sohm, fisicamente dirompente; Hernani è un giocatore di rendimento. E poi un ragazzo che mi piace sottolineare è Circati, il cui papà giocava nella mia Primavera: mi sembra ben proiettato al futuro. Un altro ragazzo da sottolineare è il portiere Chichizola, che ha ereditato una situazione pesante: bravo con i piedi a impostare il gioco e poi, oltre a essere affidabile tra i pali, è propositivo nelle uscite, che ormai non le fa più nessuno. So di fare un torto a coloro che non rammento: non ne trovo uno che non meriti di essere confermato, tutti hanno dato un valido contributo e perciò meriterebbero di restare. Poi, Parma è un ambiente in cui difficilmente puoi divagare, perché puoi vivere bene. Capitano anche le annate disastrose, come successo tre anni fa o nella gestione Ghirardi. Il presidente Krause mi sembra uno molto solido: ho letto che si definisce un “imprenditore sociale”. Bene. Ci ha messo un po’, ma il progetto è bello e godibile».

Sul fronte mercato, tiene banco il rinnovo di Man e Mihaila…
«Difficile dire, perché bisogna essere dentro. Per me Man deve essere solo più continuo. È un giocatore molto tecnico, forse non si esprime sempre al 100%. Mihaila mi sembra che possa fare ancora dei più, ha le potenzialità».

L’Inter di Simone Inzaghi si è appuntata il 20° scudetto al petto, conquistando 94 punti ed esprimendo sempre un calcio di altissimo livello. Allora si può vincere e anche convincere?
«Cominciamo col dire che aveva la squadra più forte. Per vincere hai bisogno dei grandi giocatori. E l’Inter aveva degli attaccanti che facevano gol in qualsiasi momento. C’è gran merito dell’allenatore, ma non trovo differenze sostanziali tra un allenatore che vince e un altro, come può essere Italiano della Fiorentina, che arriva a metà campionato».

Cicli che si chiudono e cicli che proseguono. Il parmigiano Pioli via dal Milan dopo uno scudetto, due 2° posti, 109 vittorie in 182 panchine in A. Nel frattempo, Gasperini ha portato a Bergamo la vecchia Coppa Uefa: l’ultima italiana a riuscirci il Parma 25 anni fa…
«Ci sono poi allenatori innovatori, come fu Arrigo Sacchi e come lo è ora Gasperini: grande lotta, grande corsa a tutto campo, duelli individuali continui. Se riguardiamo in tv Bayer Leverkusen-Atalanta, si noteranno nel riquadro dello schermo sempre più giocatori bergamaschi. Bravo Gasp a far capire che con quei giocatori che aveva poteva vincere questi duelli, poi oltre a questo ha anche una squadra con una tecnica. Pioli, oggettivamente, ha portato tanta roba: ha preso la squadra in un certo modo e l’ha portata a grandi livelli, è un merito che non si può non riconoscergli. Non capisco perché debba finire un ciclo se tutto l’ambiente è in sintonia. Pioli ha fatto benissimo, come del resto sempre da quando allena: io mi ricordo di averlo visto allenarsi una volta e avevo capito che avrebbe fatto una gran carriera. Ho avuto la fortuna di vederlo allenare a Parma e queste cose mi sono state confermate».

Il Bologna giocherà in Champions League, bella storia. Sartori e Thiago Motta hanno davvero il tocco magico?
«Sicuramente Motta è un ottimo allenatore, però qui tanti meriti – e bisogna andare indietro – vanno a Giovanni Sartori, che già aveva fatto la fortuna del ChievoVerona, poi dell’Atalanta e adesso del Bologna. Tante volte le società dovrebbero capire che bisogna avere uno che sa scegliere i giocatori e fare gli acquisti giusti. Sartori è il numero uno. Sono i numeri che contano. Una volta i giocatori si compravano andandoli a vedere giocare, fuori casa e in casa, col brutto tempo e col bel tempo: addirittura quelli precisi precisi andavano a veder come si comportavano anche fuori dal campo. Rijkaard lo hanno comprato così al Milan: Arrigo aveva mandato in giro il suo collaboratore, Natale Bianchedi, un po’ camuffato, per scoprirne le abitudini. Mi piace che si ricordi Bianchedi, ora non è più con noi purtroppo».

A proposito di chi ha fatto benissimo: bel biglietto da visita del “suo” Gilardino (altro ex Parma) alla Serie A. Ha la stoffa del predestinato?
«Sì. Mi fa molto piacere, perché l’ho visto anche crescere come allenatore durante l’anno: all’inizio, quando aveva il patema di fare punti per salvarsi, giocava anche molto chiuso. Però, quando la squadra ripartiva, attaccava con molti giocatori. È cresciuto e, come dici, si proporrà sicuramente alla grande. Da ex attaccante giocare molto bene la squadra nel reparto avanzato, ma non solo: anche i difensori hanno giocato bene!».

Veniamo alle note dolenti: Napoli nemmeno in Europa dopo 14 anni di fila, mentre Allegri e la Juventus si sono lasciati malissimo.
«Due cose diverse. A Napoli c’è stata confusione fin dall’inizio: non si possono cambiare tre allenatori in un anno, non c’erano idee chiare fin dall’inizio, così crei degli alibi ai giocatori. Il Napoli sarà la fortuna di chi ci andrà quest’anno, perché non si potrà fare che molto meglio. La base c’è: quello che è stato fatto da Spalletti non è andato del tutto perso. Per la Juve, invece, è diverso: Allegri è un pratico, è stato secondo in classifica per un sacco di tempo. L’allenatore deve sapere come i giocatori possono rendere al meglio. Allegri alla fine ha vinto una Coppa Italia: sarà anche poco, ma lo è per chi non la vince… Vincere è sempre difficile, vince uno solo. L’epilogo mi è sembrata una sceneggiata, un po’ forzato. Però in finale ha fatto una gran partita».

Capitolo salvezza: ennesima impresa di Nicola che salva anche l’Empoli al fotofinish, psicodramma Frosinone. Due verdetti inaspettati?
«Mi dispiace moltissimo per tutte quelle che retrocedono, però quest’anno mi spiace tantissimo per il Frosinone e per il suo allenatore (Di Francesco, ndr): è stata una beffa. Giochi bene, crei tanto e la perdi negli ultimi 10 minuti. Gli altri vincono negli ultimi 10 minuti: 10 minuti fatali. Bastava che una delle due combinazioni non si avverasse. Nicola? È bravissimo, anche per lui parlano i risultati: è un allenatore pratico e nel calcio conta molto la praticità. Io sono per questi. Voto: dieci più. Alla fine si è salvata l’Udinese, che è una squadra forte che ha messo in difficoltà anche le grandi: ma la società è stata un po’ colpevole… Ora c’è Cannavaro e faccio il tifo per lui. bravo a fare quello che ha fatto, e da terzo allenatore non era facile».

Sassuolo in Serie B dopo 11 anni consecutivi nel calcio “che conta”: è finita una favola?
«Speriamo di no. Però la scomparsa di Squinzi… Al vertice delle situazioni – dicevo – c’è sempre la società, che è andata avanti in questi anni. Però ora bisognerà vedere cosa vorranno fare i figli. La retrocessione sembrava quasi scritta: per la Salernitana si era capito fin dall’inizio, il Sassuolo strada facendo. Col campionato a 20 squadre c’è questo rischio che, a metà percorso, un paio si stacchino. Una volta, con i campionati a 16 organici, c’era meno gap fra le squadre».

In cadetteria siamo arrivati alla resa dei conti: Venezia e Cremonese hanno sbaragliato la concorrenza ai playoff, ne resterà solo una. Chi?
«Vanno in finale le due squadre più forti. Cremonese e Venezia meritano entrambe allo stesso modo. Adesso puoi mettere dentro due colori e tirarne su uno… Meriterebbero di essere promosse tutte e due, però il calcio è così».

Nomination: un top e un flop della stagione di Serie B?
«Per me il Catanzaro ha fatto un bel campionato: ha giocato un ottimo calcio. Non so se gli addetti ai lavori l’avevano pronosticata come una squadra in lotta per la Serie A… Flop? Se andiamo a vedere, il Bari, che l’hanno scorso non è andato in Serie A per 30 secondi, quest’anno ha rischiato seriamente di retrocedere».

Il calcio non va in vacanza, ci sono gli Europei. L’Italia se la vedrà con Croazia, Spagna e Albania: ma, intanto, fa discutere la pre-convocazione di Fagioli, reduce da un anno di squalifica per scommesse.
«Siamo campioni d’Europa, mi aspetto molto dall’Italia anche perché si è cambiato l’allenatore e la squadra è valida. Il percorso è difficile, ci vuole anche una dose di buone combinazioni che arrivano al momento giusto nel posto giusto. L’Italia è da considerarsi una delle favorite, anche se rinnoverà molto. Su Fagioli dico che il mister ci avrà ragionato e, se l’ha convocato, ha fatto bene a farlo. Anche Spalletti sta attento al comportamento fuori dal campo: meglio di lui il giudizio non poteva darlo nessun altro».

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