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Laurea ad honorem, Ancelotti: «Lo sport è una lezione di vita»

Foto Credit Unipr.it

Laurea ad honorem, Ancelotti: «Lo sport è una lezione di vita»

Un clima di grande festa all’Auditorium Paganini. Carlo Ancelotti è stato conferito dell’onorificenza Laurea honoris causa dall’Università degli Studi di Parma, in “Scienza e Tecniche delle attività motorie preventive e adattate”.

Il parterre delle grandi occasioni: erano presenti anche Arrigo Sacchi – il Maestro calcistico di Carlo, colui che lo volle fortemente nel “Milan degli Immortali” – l’amico Arriedo Braida, con cui ha condiviso molte gioie in maglia rossonera, l’allenatore del Parma Fabio Pecchia insieme al Managing Director Sport Roel Vaeyens, oltre a tutti i famigliari dell’attuale tecnico del Real Madrid.

Carlo Ancelotti – oltre ad essere stato un calciatore di livello mondiale – è considerato uno dei migliori allenatori della storia del calcio. Il suo palmares parla per lui: 5 Scudetti vinti (unico ad essere riuscito a trionfare in tutti i principali campionati europei), 4 Champions League (record assoluto), 4 Supercoppa UEFA e 3 Mondiali per club, più altri svariati trofei nazionali e individuali. Un vero “leader calmo”, come ama definirsi, che riesce sempre a tirare fuori il meglio dai propri giocatori e dal proprio staff, dove la Persona è più importante del Calciatore. Amato da tutti gli atleti che ha allenato, la sua vera forza è la sua umanità e saggezza.

La vita, la carriera calcistica di Carlo Ancelotti, è strettamente legata alla città di Parma. Nato a Reggiolo, da una famiglia di contadini, all’età di 15 anni si trasferisce a Parma per inseguire il sogno di diventare un calciatore professionista. Il suo talento – come ricordato dal Rettore dell’università Paolo Andrei – sboccia il 17 giugno 1979. I ducali, all’epoca guidati da Cesare Maldini, sono a Vicenza per giocarsi lo spareggio promozione contro la Triestina.
Appena 20enne, Carlo Ancelotti decide i supplementari (chiusi 3-1 per i crociati) con un calcio di punizione di rara bellezza, portando i suoi compagni in Serie B. Da quel gol partì la carriera di Ancelotti giocatore, prima con la grande Roma di Nils Liedholm, per proseguire in gloria con la maglia del Milan. Anche la sua celebre storia di allenatore prende il volo con il Parma: porta la squadra emiliana al 2° posto nella classifica di Serie A – tutt’ora miglior risultato del club – a solo due punti dalla capolista Juventus, che poco dopo lo chiamerà per sedersi sulla panchina. Il resto è storia che conosciamo.

Le parole che riserva Paolo Andrei nel suo intervento durante la Laurea honoris causa spiegano tutta la grandezza di Carlo Ancelotti: «È dolce dentro. Fra tutte le gestioni dello spogliatoio che ho vissuto, la sua è stata in assoluto la più serena» , sulla falsariga di quanto già affermato da Paolo Maldini nel primo libro di Carlo “Preferisco la coppa”.
Il Rettore ha elogiato, riconosciuto, più Ancelotti persona che Ancelotti allenatore: «In un mondo urlato, troppo spesso fuori dalla righe, ha scelto una strada tutta Sua, diversa dagli altri. Una strada del lavorare in silenzio, senza alzare la voce, sempre con i piedi per terra, del fair play, del rispetto delle persone e del loro lavoro, della correttezza e dell’umiltà, dello studio». Queste doti sono un esempio da seguire per tutti gli studenti e tutte le studentesse – come aggiunto dallo stesso Rettore – che stanno costruendo il proprio cammino. Paolo Andrei ha poi concluso il suo discorso: «Questa Laurea ad Honorem vuole rendere omaggio ad una carriera straordinaria, al Suo modo di vivere lo sport e a tutto quello che ha saputo e sa insegnare con il Suo lavoro. Per l’Università di Parma è un onore avere Carlo Ancelotti tra i nostri Laureati, ed è motivo di grande orgoglio».

Come spiegato da Prisco Mirandola, Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Scienze e tecniche della attività motorie preventive e adattate, le motivazioni della Laurea honoris causa a Carlo Ancelotti sono molteplici. «Ha dimostrato di possedere uno straordinario livello di conoscenza nei settori scientifico e disciplinari dei Metodi e didattiche dell’attività motoria e Metodi e didattiche dell’attività sportiva. Ha sempre dimostrato una grande disponibilità per la formazione dei laureati in Scienze Motorie della nostra Università, grazie ad incontri in attività seminariali».

La cerimonia è continuata con la Laudatio di Marco Vitale, Delegato del Rettore allo Sport e Presidente del Comitato per lo sport universitario, e da Luigi Garlando, giornalista de La Gazzetta dello Sport. Il Presidente ha ricordato i grandi valori umani del futuro CT del Brasile, oltre agli innumerevoli successi sportivi, e lo ha definito «un esempio per tutti i giovani». Luigi Garlando, grande amico del “dottore”, ha rivissuto tutta la carriera di Ancelotti: dagli inizi a Reggiolo, ai dolori per il Mondiale ’82 e Coppa dei Campioni ’84 – vinta dal Liverpool contro la sua Roma – saltati per due gravi infortuni alle ginocchia. «Dall’accettazione e dalla lotta alle avversità, come fanno i contadini quando grandina, e dagli insegnamenti delle sconfitte è nata la forza di Carlo Ancelotti».
Garlando è passato anche dallo Scudetto vinto in giallorosso al suo passaggio travagliato al Milan, dove Berlusconi è stato convinto solamente da un loquace Arrigo Sacchi. Dal famoso 5-0 di Milan-Real Madrid, dove Carlo giocò probabilmente la sua miglior partita della carriera, si è passati ai successi da allenatore: «A Parma fece partire Zola e non fece arrivare Roberto Baggio perché all’inizio mal concepiva l’anarchia del numero 10. Poi, al Milan, ha conquistato il mondo schierandone 3 o 4 in un colpo solo, regalando bellezza. Quasi un’abiura galileiana». Le splendide frasi di Luigi Garlando spiegano alla perfezione Carlo Ancelotti come uomo e come allenatore.

E, poi, finalmente, il suo momento: Carlo Ancelotti e la sua Lectio magistralis “Il calcio; una scuola della vita”. L’allenatore del Real Madrid apre così il suo discorso: «Lo sport per me è stato una lezione di vita. La sconfitta nello sport, così come nella vita, aiuta a crescere. Il calcio mi ha insegnato tanto, mi ha fatto diventare l’uomo che sono ora. Mi ha insegnato a relazionarmi con gli altri, ad avere rispetto degli avversari, delle autorità, delle regole, dei tuoi stessi limiti. Mi ha insegnato a gestire un gruppo, ad ascoltare”.
Nella sua carriera, da calciatore prima e da allenatore poi, Carlo Ancelotti ha visto con i propri occhi i migliori al mondo, e parla così del talento: “Il talento non si può migliorare, è genetica. Il talento si può solo gestire, e questo è il compito più arduo di un allenatore, o dello stesso giocatore. Il grande campione mette il proprio talento a disposizione dei compagni; è questa la grande differenza con i grandi calciatori».

Non potevano mancare parole di stima per il suo grande Maestro, Arrigo Sacchi, fondamentale nella storia di Carlo: «Quando Arrigo è arrivato nel calcio, nel calcio è arrivato un marziano. Con lui ho capito che il calcio era un gioco di squadra”. Ha poi aggiunto: “La persona è quello che è, non quello che fa. Un bravo allenatore deve tirare fuori il meglio della persona, in questo modo avrai anche un giocatore migliore».  La passione per questo sport è un’altra grande forza di Ancelotti, che conclude così la sua Lectio doctoralis: «Il calcio è una passione nata per caso. Mi piace tutto del calcio, e quello che ho ottenuto non è stato né per sacrifici né per lavoro, ma solo perché mi piace fare tutto questo».

Tanta emozione negli occhi di Ancelotti al termine del proprio discorso. Un riconoscimento che va aldilà della carriera di uno dei migliori allenatori della storia del calcio, che ora proseguirà la sua stagione al Real Madrid, con l’obiettivo di continuare a vincere, e che si prepara ad una nuova, ma elettrizzante esperienza: allenare il Brasile e puntare alla vittoria al Mondiale 2026, l’ultimo trofeo che manca nel suo palmares.

(Foto credit: Unipr.it)
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