Il pilone dei Banca Monte Crociati, che farà 28 anni sabato, vigilia della sfida casalinga col Rovigo, ci parla del punto forte gialloblù.
Non è usuale veder assegnare tre mete tecniche in tre partite, alla stessa squadra. I Crociati, nel girone di ritorno, ne hanno ottenute due in casa contro L’Aquila ed una a Mogliano domenica scorsa. Quest’ultima importantissima che, allo scadere, ha consentito ai gialloblù di portare a casa un prezioso punto di bonus difensivo. Nel mezzo, tre mete realizzate, contro la Lazio, che portano la firma di giocatori del pacchetto (se aggiungiamo quelle di Manici a Catania e Van Vuren con L’Aquila fanno cinque). Una bella metamorfosi rispetto al girone d’andata, segnatamente la seconda parte, in cui la squadra faticava non tanto in ordinata quanto a guadagnare terreno proprio con gli avanti. Il perché lo spiega il pilone gialloblù Marco Coletti: «Siamo cresciuti. Un conto è allenarsi e uno giocare. Quando giochi si crea coesione e dopo un po’ ci si capisce tutti; in questo momento parliamo tutti la stessa lingua». Viene in mente quel passo de “Il libro della gloria” di Lloyd Jones in cui colui che narra riporta i commenti riguardo alle prestazioni del pacchetto degli All Blacks per la prima volta in tour nelle isole britanniche: “Giocavano come otto uomini con un occhio solo, un occhio che vedeva tutto”. «E’ proprio così – sancisce Coletti -. Se tutti abbiamo la stessa idea di lavoro, di come spingere riusciamo ad essere più incisivi e si fa meno fatica tutti».Un noto adagio rugbystico evidenzia come le mete le segnino i trequarti, le partite le vincano gli avanti ma ultimamente in casa Crociati è tutto parificato sui secondi. «Abbiamo una mischia molto forte, d’esperienza sì ma con un giusto mix di gioventù. Lavoriamo bene assieme ed è il nostro punto forte: se siamo in difficoltà andiamo ad attingere energie da lì» osserva il gialloblù. Sono stati dunque fugati i dubbi che si potevano avere ad inizio stagione pensando ad un allenatore giovane, alle prime armi e per di più col doppio ruolo di giocatore alias Roberto Mandelli. «Per noi è un nostro compagno di squadra e lui infatti si è sempre posto a noi come giocatore. Ha molta esperienza nella mischia e nella touche, magari meno là davanti. Ma è vero che ci aiutiamo molto, se c’è un problema parliamo e troviamo la soluzione. Il fatto di avere uno come Festuccia in prima linea aiuta in questo senso, anche se la nostra prima linea ha una certa esperienza. C’è una bella comunicazione generale» fa presente il pilone crociato. Coletti può considerarsi della vecchia guardia. Arrivato diciottenne alla Rugby Parma, tre stagioni, nel 2005/6 è a Pau, quindi il rientro in Veneto (Petrarca e Mogliano) e la ridiscesa a Parma, su entrambe le sponde, per poi sposare la nuova avventura dei Crociati. Una scelta che definisce così: «A me è sempre piaciuto giocare a Parma. Ormai Parma la sento come casa mia. E poi perché sposo il progetto che c’è in atto». Sabato, vigilia della partita col Rovigo al XXV aprile, toccherà quota 28. Non caps, anni. Se dopo Padova ebbe qualche dubbio sul proseguire o meno, ora le cose stanno diversamente. «E’ la fase di maturazione per un pilone. Ora ho voglia di continuare e di sfruttare le occasioni. Se qua a Parma va benissimo ma anche altrove, estero compreso. Son contento che il mio compleanno arrivi in concomitanza con Rovigo, una partita che ho sempre sentito molto fin dalle giovanili col San Donà» rivela Coletti. Sabato sera, ovviamente, a letto presto poi domenica … «E’ chiaro, io vivo la vita da atleta. Spero di bere una birra a fine partita, anche se festeggio con un giorno di ritardo non importa».