Il diritto di parola non lo neghiamo a nessuno, è un dovere etico e morale di ogni testata giornalistica, così come la verifica delle notizie e delle sue fonti. Ma quello che sta succedendo da alcuni mesi attorno alla vicenda Lizhang-Nuovo Inizio è alquanto singolare. L’imprenditore cinese, ex presidente del Parma Calcio 1913, attuale socio di minoranza con il 30% delle azioni, continua a sfornare comunicati stampa e a puntare il dito contro la proprietà gialloblù, colpevole a suo dire di “violazione dei principi di correttezza e buona fede”. Il riferimento non è solo al “trasferimento” della maggioranza delle azioni da Link a Nuovo Inizio, così come previsto dal contratto sottoscritto da entrambe le parti, ma alle modalità con cui questo passaggio è avvenuto. Secondi i soci parmigiani fu un atto dovuto e conseguente delle “gravi inadempienze” economiche che avrebbero messo a rischio la stagione attuale, quella del ritorno in serie A.
Come è noto, a sbrogliare l’intricata matassa ci penserà la Camera Arbitrale di Milano a cui Nuovo Inizio (in primis) e poi Link International si sono rivolti per rivendicare le proprie ragioni e sciogliere i patti parasociali sottoscritti nel 2017. Da una parte le “gravi” inadempienze invocate da Nuovo Inizio, dall’altra le insistenti accuse di Lizhang che continua a rivendicare il suo 60% e di conseguenza il trono di presidente. Ad oggi la trama del film non presenta novità, se non una noiosa e incomprensibile ripetitività.
Il problema di tutta questa storia, però, è che sul tavolo della discussione non ci sono prove reali, documenti o quant’altro possano confermare la bontà della tesi dell’imprenditore cinese. Di contro, è palese che Nuovo Inizio si sia accollato gran parte dei costi e degli oneri della stagione in corso.
E, soprattutto, non si conosce ancora il motivo e il perché delle “gravi inadempienze” economiche che hanno portato il Parma a vivere l’ennesima desolante telenovela societaria degli ultimi 25 anni. Questo è il punto, oltre alle parole servono fatti e prove. Per il bene di tutti e per la felicità di sua “maestà” la trasparenza.