L'ex lanciatore del Parma baseball, anche allora targato Cariparma, è stato protagonista ieri sera sul palco del Teatro del Cerchio nella sua nuova veste di attore. "Quando ho visto che non c'era più l'Europeo mi è venuto un colpo al cuore"
Forse è la disciplina sportiva. O forse c’è chi la pratica avendo qualche cromosoma artistico nel Dna, specie quelli che in qualche modo hanno avuto a che fare con Parma (ma ricordiamo anche Fabio De Luigi e Andrea Succi, scenografo, parte Rimini). Craig Gioia, il grandissimo pitcher della fantastica Germal, smise per andare a fare l’attore in film western; Mario Mascitelli intraprese la carriera di attore, fa anche il regista ed è direttore artistico del Teatro del Cerchio (ma continua a prestare la sua opera alla causa azzurra) ed in quest’ultima veste ha ospitato un ex giocatore del Parma baseball, per la precisione un lanciatore, che da un paio d’anni non tiene più un guantone in mano bensì … un cadavere, anche, a volte.
Stiamo parlando di Dante Carbini detto “il pazzo”, 37 anni, due stagioni con Parma nel ’95 e nel ’96, nonché compagno di squadra, Modena ’98 con vittoria in Coppa Ceb, di colui che lo ha ospitato e voluto ieri sera. Lo incontro all’Ostello della Gioventù sabato mattina e … me lo ricordavo più magro … Capelli arruffati, barba, ma sempre con quell’espressione un po’ così … «Eh, mi chiamavano il pazzo, ero un po’ fuori dagli schemi ogni tanto mi guardavano strano» mi conferma lui mentre discorriamo del più e del meno e con una serie infinita di sorrisi. Il pazzo che però parla tre lingue (italiano, inglese, francese), e mezzo (spagnolo), ne vuole imparare un’altra «Il tedesco; eh, lì in Svizzera …».
Dal monte di lancio al palco, sempre salita è e devi sempre affrontare qualcuno «Non c’è poi tanta differenza, specie dal punto di vista di un lanciatore; sul monte hai la palla in mano, tutti ti guardano e devi far partite il gioco e quando fai l’attore hai la palla in mano, tutti ti guardano e devi far partire il gioco. Se poi fai un errore c’è sempre il gruppo che ti aiuta, se è un buon gruppo altrimenti … Avendo fatto l’esperienza di salire sul monte mi aiuta, è come se avessi creato un meccanismo per entrare nel momento della prestazione».
Il Carbini attore, che ora vive in Svizzera a Verscio nel Canton Ticino e che fa anche video e relativi montaggi, nasce per caso poco più di due anni fa «Io giocavo a Torino in A2 quell’anno e visto che si guadagnavano tantissimi soldi io facevo anche l’aiuto cuoco e lavavo i piatti. Il cuoco di quel locale faceva seminari di Pierre Byland, uno che per il teatro ha fatto tanto è una specie di guru ha portato il clown nel teatro, ed ogni tanto in cucina facevamo gli spadaccini coi forchettoni e continuavamo fino in sala; occhi sgranati degli avventori e noi che poi chiedevamo scusa. Lui mi disse un giorno che dovevo fare quello stage; c’ho pensato su un po’ e poi l’ho fatto, quindici giorni. Dopodiché ho detto al maestro “voglio fare questo mestiere qua». E galeotto fu lo stage «C’era anche Kate che veniva dagli USA; è venuta come me a Parigi a fare la scuola, dovevamo stare quattro mesi siamo stati un anno ed ora è mia moglie». E’ la stessa Kate,Weinrieb da nubile, che mi lancia una curiosità «Ho visto molte più partite di baseball in Italia che negli States; era uno sport che praticamente non seguivo».
A proposito di baseball non si possono non ricordare i bei tempi andati di Parma «Ah, ho raggiunto il top: abbiamo vinto (di tutto, ndr) giocavo con gente come Bianchi, Fochi, Ceccaroli e compagnia bella. Ho un ricordo particolare di Romero (l’allora pitching coach) soprattutto a livello umano, ti metteva quella tranquillità necessaria dopo le lavate di Velez (il manager) che agiva come fosse a Cuba con una rigidità e disciplina ferree. Beh poi ci fu Gibo Gerali, una persona splendida; sono contento che abbia vinto ancora lo scudetto».
Parma da allora è cambiata, eccome se è cambiata … «Mamma quante rotonde! Poi mentre facevo un giro in auto con Kate le ho detto “qui c’è lo stadio dove gioc … ma che è questa cosa grigia e nera??” My God! Mi è preso un colpo al cuore». Sapessi …
Per Carbini ora c’è il teatro, un lavoro che come ammette «Fin che mi piacerà farlo lo farò; ci permette comunque di vivere, modestamente ma vivere. In Italia è dura trovare spazi». Per lui, lo spettacolo messo in scena sabato sera al Teatro del Cerchio, con anteprima a Sissa il venerdì, è il primo vero e proprio «Ho fatto un altro lavoretto dove facevo la scimmia, sempre ruoli intellettuali, ma questo è il primo spettacolo importante che faccio».
E allora eccolo “Cadavre exquis”, lavoro comico-clownesco che racconta una sala mortuaria inusuale, parossistica, se vogliamo dissacratoria e per certi versi “stigmatizzante”, con protagonista un becchino, Dante in quanto gli attori mantengono i loro nomi di battesimo, alle prese con un cadavere da posizionare e vestire (quanti minuti col “cadavere Gustavo” Gerardo Mele portato, ma è riduttivo, sulle spalle) fino a diventarne il manovratore come fosse un burattino. La moglie Kate entra per ultima in scena con tanto di passeggino a “svelare” che il bravo ed amorevole maritino di Carmen era poi un po’ «Bastardooooo!» come sbotta appunto la moglie in piedi su una sedia durante la recita. Kate che il suo intervento lo fa in inglese, peraltro comprensibile, mettendo solo una breve frase all’inizio in italiano, che parla comunque bene.
Uno spettacolo divertente, a tratti esilarante, molto applaudito, nel quale non potevano non esserci riferimenti al gioco del baseball come la frase detta da Dante mentre fuma una sigaretta in compagnia del cadavere “Quando giocavo a baseball fumavamo tutti nel dug out” o come quando mima la battuta in homerun con la gamba sempre del cadavere.
Ah … a proposito di homerun, prima di congedarci dall’Ostello dopo l’intervista, Carbini mi ricorda che «Quando abbiamo giocato e vinto gli ultimi europei prima di quest’ultimo, io rilievo, credo fosse contro la Slovenia, forse, ero andato anche a battere perché Gasparri aveva avuto un problema e rinunciammo al DH; primo turno singolo a destra, secondo turno fuoricampo a sinistra! – e mentre lo dice gli si illuminano ancora gli occhi -. Quando hanno dato i premi, io con un fuoricampo su due turni, ho ricevuto quello per il miglior fuoricampista perché gli altri uno o due lo avevano maturato su più turni. Io a casa ho la mia bella coppa, ma nelle statistiche della federazione non c’è traccia di nulla. Però mia madre mi ha detto che con Anna Maria Paini stanno lavorando e che presto o tardi risulterò pure io». Uno ha avuto il suo piccolo momento di gloria … e che diamine!
Buon proseguimento, “pazzo”.