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Più forti di tutto, anche degli uomini. La storia di quattro donne di successo

Più forti di tutto, anche degli uomini. La storia di quattro donne di successo

Attente a non cadere in facili provocazioni. Determinate a rincorrere i propri obiettivi consapevoli di dover affrontare mille difficoltà Â . Sicure dei propri mezzi a tal punto da sfidare a volte anche i propri genitori.

Sono le donne di sport, forti ma al tempo stesso sensibili e “femminili” come tutte le altre, e sempre più coinvolte in discipline dure, “da uomo” usando un termine un po’ maschilista. Non che nuotare o giocare a tennis non richieda sacrifici per una donna (come per un uomo ndr), ma vuoi mettere con sfidare i “giganti” del basket? O passare le domeniche a rincorrere un pallone, che sia rotondo od ovale? O addirittura sul ring a combattere? E anche a Parma non mancano esempi di atlete che più di una volta hanno ridicolizzato (e continuano a farlo) il “sesso forte”, come le quattro contattate da “Il Nuovo di Parma”

Benedetta Ciccarelli
(pugile)

Benedetta, 27 anni il prossimo 13 giugno, vicecampione italiana “pesi piuma” con la Boxe Parma del maestro Maurizio Zennoni, ha cominciato a lottare a 17 anni, a Giugliano (Napoli) il suo paese natale e si è letteralmente innamorata del pugilato. «Inizialmente volevo fare kick boxing, poi ho scoperto la boxe e non l’ho più abbandonata – racconta Benedetta, ricordando gli ostacoli affrontati – Sarei bugiarda se dicessi che non ho avuto problemi. Anche se mi hanno sempre appoggiato sia lui che mia madre, mio padre si rifiuta tuttora di venirmi a vedere per paura di impressionarsi. Se poi parliamo del ring, beh, ad esempio uno dei fratelli Duran si è rifiutato di allenarmi perché donna, e per lo stesso motivo una volta un compagno non si è allenato con me». Esperienze brutte, ma superate brillantemente, da sola, essendo da sempre l’unica donna della palestra: «Il rispetto dagli uomini me lo sono sempre guadagnato sul ring, come è accaduto con quel collega che mi disse di “andare a pettinare le bambole” o quello che mi snobbò e si mise il casco solo alla terza ripresa dopo qualche gancio». Botte ma anche femminilità: «Premesso che nella boxe conta più la velocità della forza, ed è molto meno pericolosa di altri sport, personalmente sono una donna che tiene ad essere tale, e riuscirci ottenendo anche risultati nello sport che mi piace è una soddisfazione doppia».

Francesca Jemmi
(pallacanestro)

Una vita nella pallacanestro. Passato, presente e futuro nello sport, sia sul parquet che dietro la scrivania. E’ Francesca Jemmi, giocatrice di pallacanestro in serie A2 con la Valtarese e responsabile comunicazione e marketing del Cus Parma. Una donna che a 30 anni, mantiene il basket come passione, ma fino a 23-24 anni ha affrontato come professione. «Ho iniziato bambina, giocando con i maschi nella squadra della nostra scuola elementare, e mi difendevo bene. – racconta la Jemmi – Poi sono passata al Basket Parma e in seguito ho fatto belle esperienze a Bergamo e Varese. Sempre con il pieno appoggio dei miei». Senza mai incontrare difficoltà o scontrarsi con facili pregiudizi, anche grazie a una inversione di tendenza iniziata già da tempo. «Non c’è niente di strano nel nostro mondo, o almeno, io non me ne sono mai accorta – prosegue – Il basket, anche se c’è molto contatto fisico, non è uno sport solo per uomini. Poi è chiaro, che c’è chi la pensa diversamente, e probabilmente io sono stata fortunata a nascere in una famiglia appassionata. Ma Parma ha una certa tradizione già da oltre 30 anni con il basket femminile, quindi è più facile praticarlo”.

Flavia Severin
(rugbista)

La Palla ovale come passione. Suona strano per una donna, ma non per Flavia Severin, 23 anni (oggi ndr), seconda linea delle Red Panthers Treviso e della nazionale azzurra femminile di rugby, nonché tesserata del Cus Parma, dove pratica lancio del peso e del disco. In provincia di Treviso, dove il rugby è un’istituzione, la Severin ha cominciato a 6 anni e fino ai 12 ha giocato insieme a compagni maschi.
«Spesso conoscendo nuove persone mi viene chiesto “ma esiste anche il rugby femminile?” – racconta Flavia – … Eppure in Veneto c’è molta passione per questo sport, e per me è stato facile iniziare a praticarlo. Più dura in altre città, non essendoci molte squadre».
Il livello sta crescendo, soprattutto dopo la storica vittoria delle azzurre con il Galles al Sei Nazioni, ma per la Severin ci sono ancora tante barriere da superare: «Le altre nazioni hanno una maggiore competitività, qui per ora invece ci sono solo quattro squadre dove si lavora seriamente».
E il rapporto con gli uomini? Di rispetto, dice la Severin: «Una volta un giocatore mi chiese se noi facevamo mischie, touche e placcaggi… Certo che si, è come da voi, gli risposi. A parte questo episodio c’è grande rispetto tra giocatori e giocatrici, tant’è che ci si scambia consigli e talvolta ci si vede anche fuori dal campo. E devo dire che gli uomini ci ammirano molto per la nostra determinazione».

Isabella De Simoni
(calciatrice)

Il calcio è lo sport nazionale, aperto a tutti e senza “barriere”. Ma negli anni ‘80, quando Isabella De Simoni, classe 1964, ruolo centravanti, “signora” del calcio parmense se ce n’è una, ha iniziato a segnare i primi gol (e continua tuttora in Serie C a Sorbolo dopo aver giocato anche in A con Modena, Bologna e Verona) non era così. «Oggi le bambine giocano a calcio tranquillamente già da piccole a scuole, ma trent’anni fa, oltre a essere considerata un “maschiaccio” una ragazza faticava soprattutto a giocare almeno fino a 15 anni – racconta la calciatrice – A Parma, ad esempio, quando ho cominciato io, nel 1979, c’era solo il Basilicagoiano, squadra di Serie C».
A quei tempi, seppure non lontanissimi, i pregiudizi verso una donna che giocava a calcio erano maggiori rispetto a ora, anche riguardo il delicato tema dell’omosessualità: «Esiste, certo, ma come in tutti gli sport – spiega Isabella – La differenza è che ora non hanno problemi a dichiararsi, mentre prima era tabù, nessuno lo diceva e spesso manco te ne accorgevi».
A suo vantaggio, c’è da dire che la De Simoni ha avuto pieno appoggio da parte della famiglia: «Facevo ciclismo, ma i miei genitori hanno subito preferito il calcio, e vengono a tifare per me tuttora, mentre con mio fratello ho giocato dei tornei “misti” e mi sono allenata nella sua squadra di amatori, con soli uomini.
Problemi? Si! L’uomo non accetta di perdere con una donna, e dopo aver subito gol da me c’è chi se l’è presa tanto da togliermi il saluto».

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