Un sentiero pieno di trappole, imprevisti e ritardi. Parma e Monza, Enzo Maresca (41 anni) e Giovanni Stroppa (53 anni). Storie di grandi ambizioni e di un calcio votato all’attacco, un credo calcistico che i due allenatori interpretano in modo diverso, ma con un unico obiettivo in testa, tornare in serie A.
Più che un obiettivo è un’esigenza, considerando che entrambi gli allenatori guidano due vere e proprie corazzate del campionato cadetto. L’avvio di stagione, però, non è stato esaltante, tant’è che dopo 7 giornate Parma e Monza hanno racimolato un bottino di 9 punti (2 vittorie, 3 pareggi, 2 sconfitte). Stesso cammino e stessa andatura. La sfida di domenica al Tardini, dunque, potrebbe emettere verdetti pesanti per una delle due squadre, sempre che il big match dell’ottava giornata non partorisca un inutile segno x.
Verdetti, qualunque essi siano (positivi o negativi), che non intaccheranno le idee di due allenatori simili ma allo stesso tempo molto diversi tra loro, con un curriculum lungo e articolato. Ma con un maestro in comune: Arrigo Sacchi.
MARESCA – Un giramondo, da calciatore e da allenatore. Le giovanili di Milan e Cagliari, il grande salto nel West Bromwich che nella stagione 1998-99 lo fece esordire in Premier League. Fu il trampolino di lancio per il ritorno in Italia: Juventus (lo acquisto per 10 miliardi di lire), Bologna, Piacenza e Fiorentina. Poi di nuovo all’estero con le maglie di Siviglia (vince due Coppe Uefa, una Supercoppa Europea e una Coppa di Spagna), Olympiakos e Malaga; e infine di nuovo l’Italia: Sampdoria, Palermo e Verona.
Oltre a 15 presenze e 2 gol con la Nazionale Under 21, e una medaglia d’argento agli Europei Under 18. Un centrocampista votato agli inserimenti e alla fase offensiva. Un combattente.
Finita la carriera da calciatore iniziò subito quella da allenatore, un anno dopo aver appeso le scarpe al chiodo. Due i grandi maestri che hanno influenzato Marescalandia: Arrigo Sacchi e Pep Guardiola. Calcio totale (zona totale). Quel calcio che Maresca sta cercando di trasmettere al Parma, ma che richiede tempo e un lungo lavoro settimanale. Il modulo: un 4-1-4-1 mascherato da 4-3-3, un sistema di gioco farcito di trequartisti e dribblomani. Senza ripensamenti, anche quando le cose vanno male e sulla stampa cominciano a circolare voci infondate di possibili sostituti. Perché in fondo non è il modulo al centro di tutto, ma sono i concetti e i movimenti in campo a fare la differenza. Il titolo della sua tesi di “laurea” a Coverciano dice tutto: “Calcio e scacchi”.
STROPPA – In molti lo hanno definito “uno dei più grandi talenti del calcio italiano”. Uno innamorato del pallone, un dribblomane, il classico numero 10 che incantava le platee. Stroppa ha iniziato la carriera da calciatore nelle giovanili del Mulazzano, poi il provino all’Inter (senza risposta), l’approdo nelle giovanili del Milan e il tifo per la Juventus fino al ritiro di Paltini (“Da quel giorno ho smesso di tifare Juve”).
Non ha girato l’Europa come Maresca, ma la penisola italiana l’ha percorsa in lungo e largo: Milan (oltre 50 presenze), Lazio, Monza, Foggia, Udinese, Piacenza, Brescia, Genoa, Alzano Virescit, Avellino e Chiari. Un fantasista puro, ma spesso e incomprensibilmente lontano dai grandi palcoscenici del calcio nostrano. Il Milan stellare e il Foggia delle meraviglie: sono queste le due tappe fondamentali (da calciatore) che segneranno anche il percorso da allenatore di Stroppa. Sulla prima panchina c’era seduto Arrigo Sacchi – che lo fece esordire in A il 27 agosto 1989 – , sulla seconda una “certo” Zdenek Zeman (con i pugliesi segnò 8 gol, arrivò la chiamata nella Nazionale Maggiore). Due allenatori che hanno rivoluzionato il calcio italiano e non solo. Due maestri fonte di ispirazione per centinaia di allenatori, professionisti e dilettanti. Non a caso il modulo tattico prediletto da Stroppa è il 4-3-3: esterni offensivi che saltano l’uomo, terzini che spingono come forsennati e verticalizzazioni a go go.
Un’idea di calcio che Stroppa ha portato avanti sin dai primi giorni della sua carriera da allenatore, iniziata nelle giovanili del Milan (Filippo Galli era il responsabile del settore giovanile), e proseguita a Sudtirol, Pescara, Spezia, Foggia (ha vinto il campionato di Lega Pro) e Crotone (promosso in A). Il Monza dell’amico Galliani è il presente, così come le voci di un possibile esonero, anche in questo caso seccamente smentite dalla società.