Sconfitta dall'Argentina (16-22) nel primo test match. Così così i giocatori degli Aironi
L’Italia come gli Aironi. Tiene bene in difesa, a parte l’infilata della meta argentina, ma le difficoltà diventano insormontabili quando si tratta di fare gioco e andare a segnare. Per questo novembre di test non ci soffermeremo sul commento alla partita ma analizzeremo le prestazioni dei giocatori degli Aironi in raffronto a quanto fatto vedere finora in Magners.
Cominciamo da chi ha giocato meno. Da Fabio Ongaro ci si aspettava qualcosa in più nel campionato d’oltremanica dove si è visto poco in campo aperto mentre in touche vi sono state diverse soluzioni non andate a buon fine. L’attesa per vedere all’opera la triade (Ongaro-Del Fava-Geldenhuys) è andata delusa in quanto il tallonatore azzurro era previsto in panca ed è entrato solamente al 18’ della ripresa. Con i lanci se l’è cavata: 100% di touches vinte. Ma il primo lancio effettuato su chi è stato? Su Derbyshire appena entrato. E il duo degli Aironi di palloni in touche non ne ha praticamente visti in quanto i prediletti di Ghiraldini sono stati Parisse e Zanni, e Ongaro si è adeguato. Tattica disorientante? Se così era, ha sortito i suoi effetti. Palloni portati giù praticamente zero, in orizzontale ben pochi, sappiamo che non è loro compito precipuo, e senza guadagno. Oseremmo dire: impalpabili in attacco, diligenti in difesa.
Perugini ha fatto il suo: ha lottato come sa fare, lui e i suoi due compagni di reparto, contro la prima linea argentina che in quanto ad “esperienza” (il vocabolo è onnicomprensivo) ne ha da vendere, come recita una réclame; in più si è vestito in cinque occasioni da ball carrier, in un paio di queste andando oltre, trascinando con sé anche il pubblico.
Il duo Tebaldi-Canavosio va per forza di cose accomunato in quanto entrambi hanno tralasciato il piede. Quattro volte ha calciato il nocetano nel primo tempo a fronte di oltre venti passaggi (una decina pure nei 23’ in cui è stato in campo nella ripresa), percentuale pressoché identica per il suo sostituto.
Da questa statistica si evince come l’Italia abbia giocato molto il pallone ma anche come il suo possesso sia stato di una sterilità clamorosa. Tito non ha mai preso iniziative personali, a differenza di quanto fa ogni tanto nel club: vero che la linea difensiva argentina era aggressiva e ben chiusa ma i palloni azzurri escono troppo lentamente dal raggruppamento; in due o tre situazioni avrebbe forse potuto agire diversamente anziché fare il passaggino al compagno con l’uomo già addosso. Deve e può migliorare.
Di nero o di azzurro vestiti, il sorriso tarda sempre ad arrivare.