Con l'head coach dei Crociati Rfc, alla sua prima esperienza in quel ruolo con una squadra seniores, riviviamo una stagione piena di asperità superata grazie alla solidità del gruppo
E’ trevigiano ma un po’ di Parma ce l’ha dentro. Francesco “Cocco” Mazzariol ha superato la decina nella nostra città e non si è fatto mancare nulla. Ha giocato in entrambe le squadre cittadine, ha vinto da giocatore e da allenatore, il titolo più prestigioso, ha subito quattro operazioni alle spalle, anche se queste avrebbe preferito che gli mancassero. L’estate scorsa gli è stata affidata la guida dei nuovi Crociati Rfc, sua prima esperienza da head coach di una squadra seniores. Questo è il film di una traversata con mare molto mosso.
Che fossi tu l’allenatore dei Crociati in questa stagione, i “bookmakers” lo davano a poco.
«Non l’ho guardato … C’erano diversi nomi che giravano, il mio non era il primo».
Primo bastone fra le ruote: lo stop forzato dei cinque giocatori ex Granducato per il discorso del passaggio a Reggio con conseguente indennità di formazione da pagare a questi ultimi con tanto di squalifica avvenuta a campionato in corso. Al consigliere federale Mazzariol chiedo: come si può pensare di pagare un’indennità di formazione ad una società che vede questi giocatori per la prima volta in vita sua?
«Teoricamente il principio non è quello. A livello federale si riconosce alla società il lavoro fatto per aver cresciuto e formato il giocatore».
Da mangiarsi le mani l’esordio al Fattori ma comunque sette punti nelle prime quattro partite. Un inizio discreto.
«Nelle previsioni mie c’era un anno difficile per via di una squadra giovane e l’esperienza andava fatta in campo passando attraverso sconfitte anche come quella de L’Aquila. Di questo ho fatto partecipi i giocatori. Il gruppo è sempre stato tranquillo e cosciente del valore che aveva».
Dopodiché il buio. 5 sconfitte senza bonus, compresa quella a tavolino, e vi ritrovate con 3 punti 3 in classifica. Come si affronta un momento del genere?
«Per fortuna ci sono delle prove concrete del lavoro che si fa come i video e le statistiche come quella dei punti fatti e subiti, un dato in cui credo molto e che rispecchia la reale posizione in classifica di una squadra. La squadra è sempre stata cosciente del suo valore e del fatto che attraverso il lavoro ci saremmo tirati fuori da una situazione difficile».
Il dirigente che ti aveva “assunto”, Sau, lascia di lì a poco, vi ritrovate da soli poi alla fine dell’anno solare arriva una figura come Giovanelli. Cos’è cambiato per te e per la squadra?
«E’ come passare dal sentire freddo al sentirsi le spalle coperte. Normale che in tutte le società “normali” ci sia una dirigenza che si prenda la responsabilità delle scelte che si erano fatte e del lavoro che si sta portando avanti. Massimo ha rappresentato questo e nel momento in cui è arrivato c’è stato un netto miglioramento mentale che era ciò di cui avevamo bisogno».
E inizia il ritorno: scavare o darsi la spinta per risalire. Tre vittorie da ottenere a tutti i costi, ottenute.
«La reazione si era già vista col Prato al di là della sconfitta. Nel momento in cui la squadra ha dovuto vincere ha saputo tirar fuori il meglio, abbiamo dimostrato che ci saremmo meritati anche altri risultati come quello maturato sul campo nel derby d’andata».
Senza quell’inghippo del derby dell’Enza che campionato sarebbe stato per i Crociati anche dal punto di vista tecnico? Vi sareste salvati in largo anticipo come era nelle previsioni …
«Mah, non si può sapere. Nel mese successivo abbiamo avuto una ricaduta mentale che non ha avuto il Reggio. Chissà se avremmo vinto quelle tre partite consecutive, forse ne avremmo vinte altre. Noi dobbiamo valutare se abbiamo fatto qualcosa di positivo e quando dovevamo farlo lo abbiamo fatto».
Voi, dico tu e Mandelli, avevate la massima fiducia della squadra, coloro che hai guidato allo scudetto under 20 hanno sempre avuto ottime parole nei tuoi confronti.
«Credo sia bello per me e per “Mande”. A lui devo dire un grazie grande. E’ vero che avevamo costruito un pacchetto con una certa esperienza per dare tranquillità ai giovani dietro, ma il lavoro che ha fatto lui è stato importantissimo; se abbiamo avuto una mischia performante, ottenuto mete tecniche è stato grazie al suo lavoro. Tutto lo staff tecnico che mi ha circondato è stato di livello e proprio per questo, credo, i giocatori ci hanno stimato e sono stati con noi fino alla fine».
In mezzo a difficoltà economiche, organizzative e di classifica tanto di cappello ad una squadra per quello che ha dato. Quando si dice “i valori”.
«Sono d’accordo. Faccio l’esempio anche di Alberto Banchini. A volte quando la squadra perde si dà la colpa al preparatore, lui invece ha fatto un ottimo lavoro perché abbiamo conquistato punti importantissimi proprio nei minuti finali anche con squadre di livello».
In questa stagione hai avuto una segretaria d’eccezione …
«Eh beh … anche Rita (la sua compagna, ndr) è stata preziosa in una società in cui serviva l’apporto di tutti e in cui la burocrazia la fa da padrona. In qualche caso lei e Vittorio (Bonanno, il team manager, ndr) hanno sbrogliato alcune situazioni ingarbugliate».
Il pubblico all’inizio sparuto e distaccato nelle ultime partite pur restando sparuto vi ha sostenuto molto: un bel progresso. Voi mancate d’identità, è normale, ma questo famoso “progetto Parma”?
«Alla fine è merito della consistenza del progetto, con giovani del territorio e a tratti anche con qualità perché ad esempio con la Lazio abbiamo realizzato tre ottime mete e con il Petrarca nel finale abbiamo fatto 35 fasi pulite con buoni sostegni, disciplina. Insieme al “Giova” portiamo avanti questo progetto, dobbiamo cercare di collaborare con le società del territorio. Sappiamo che l’apporto economico che possono darti è quello che è, Aironi docet, per cui dobbiamo puntare su cose più concrete, cercare di autosostenerci a livello economico e di essere la parte finale di questo progetto che a partire dal prossimo anno ci auguriamo possa rendere qualcosa di più».