Entra in contatto:
Vincent Laurini

Parma Calcio

Laurini a SP: «Parma-Empoli, il mio addio, D’Aversa e Sarri… vi dico tutto»

Foto: Parma Calcio 1913

Laurini a SP: «Parma-Empoli, il mio addio, D’Aversa e Sarri… vi dico tutto»

Il doppio ex di Parma ed Empoli, Vincent Laurini, si è raccontato a tutto tondo in una lunga intervista concessa ai microfoni di SportParma.com.

Il difensore francese, tornato sui campi di calcio nella “sua” Pietrasanta (clicca qui) dopo due anni di inattività, ha presentato la sfida di domenica al Tardini fra crociati e azzurri, ma ha anche ripercorso le tappe della sua carriera che lo aveva visto esplodere in Toscana alle dipendenze di Sarri e arrivare qualche anno più tardi in Emilia. Una meta che ricorda con piacere e dove avrebbe pensato di stabilizzarsi, se non fosse stato per quel brusco addio che non si sarebbe aspettato…

Partiamo dalla fine. Hai deciso di rimetterti in gioco, nella Promozione toscana, con il Pietrasanta. Dai dilettanti ai dilettanti: è un cerchio che si chiude?
«È successo così: sto facendo il corso UEFA D con l’allenatore della Juniores U19 del Pietrasanta, Luigi Troisi, e chiacchierando mi ha detto di andare a giocare nella loro prima squadra. È stato tutto molto veloce: due giorni dopo ero già lì. Ti dirò, pensavo di star meglio: dopo i primi due allenamenti, ho chiesto due o tre settimane per rimettermi al passo (ride, ndr). L’obiettivo è Eccellenza: la squadra è attrezzata, ci sono anche giocatori come Mattiello (ex Juventus e Atalanta, ndr) e Terigi, che ha fatto un po’ di Serie C, anche con me a Carpi. Se tutti fanno le cose a modo, ci sono buone possibilità».

Al tuo arrivo in Italia, nel 2008, eri partito dal Fossombrone in Eccellenza. Nel giro di soli 6 anni ti saresti ritrovato in Serie A, dopo aver scalato tutte le categorie. Se ti guardi indietro e ripercorri la tua carriera, qual è il primo sentimento che provi?
«Orgoglio. Anche perché ho fatto una roba che non capita spesso: partire così dal basso e arrivare in A mi rende felice. Ho avuto modo di conoscere tanta gente, sia a livello calcistico che umano. Mi sono fatto un’idea di tutte le categorie, è un percorso che mi ha formato. Essere arrivati in A è una gioia. All’inizio volevo solo venire a giocare in Italia, non pensavo troppo a come sarebbe andata: se poi ci fosse stato da andare lavorare, sarei andato a lavorare lo stesso».

310 presenze in carriera, 32 di queste in maglia del Parma, dove arrivasti dalla Fiorentina a titolo definitivo nel luglio 2019. Come definiresti la tua esperienza nel Ducato?
«Ti devo dire che a Parma sono stato molto bene: la città si vive bene, gente spettacolare, centro sportivo di alto livello. La squadra – ti parlo del primo anno – bellissima: è stato veramente bello. Giocavamo tutti: c’era anche Darmian, però anch’io le mie partite le ho fatte. L’anno dopo è stato tutto un po’ più brutto nel quotidiano. Esperienza positiva, nonostante non abbia dato quel che potevo dare: potevo fare di più, ma gli infortuni mi hanno condizionato e riprendere è sempre difficile. È un peccato».

Un primo anno esaltante, ma anche l’emergenza covid a contraddistinguere la stagione 2019/2020. Che ricordi hai di quell’annata così particolare? 
«Un gran campionato, siamo arrivati decimi (ex aequo con la Fiorentina, ndr). Un anno difficile: il Covid ha stravolto la vita di tutti noi. Noi siamo stati anche fortunati, perché abbiamo potuto respirare l’aria fresca prima di altri. Ma giocare negli stadi chiusi, senza pubblico, creava disagio: non ti dava la stessa tensione di una partita col pubblico. Le partite, in quel momento lì, erano difficili da valutare: può essere che abbia giovato a tante squadre. Pensa solo ad andare a giocare a San Siro a porte chiuse invece che con i tifosi sugli spalti… Un anno molto difficile».

Il campionato successivo, però, fu totalmente da dimenticare. Quali furono le problematiche dell’anno della retrocessione?
«Per la squadra che avevamo noi, che aveva dei valori, quell’anno lì era difficile retrocedere, sinceramente. Tutti non hanno dato il massimo. E quando uno retrocede perdono tutti. Tante volte si dà la colpa ai giocatori, però la retrocessione è un danno grosso per un giocatore: per i giovani e per il futuro della carriera, ma anche per i più vecchi è una macchi abbastanza brutta. Era arrivato il presidente Krause, aveva fatto un po’ di rivoluzione: tanti stranieri nuovi inseriti in una nuova squadra. È stato più difficile, non c’è stato tanto tempo».

In Serie B, al tuo ultimo anno di contratto, il Parma decise di non puntare più su di te (e altri giocatori), mettendoti fuori rosa. Ti sei mai spiegato il motivo? 
«Io ti dirò la verità, ormai ora è finito tutto, no? Me lo sono chiesto tantissime volte: io sono sempre stato un ragazzo serio, non ho mai dato problemi, nello spogliatoio stavo bene con tutti. Non ho mai capito perché non mi abbiano mai dato una possibilità e senza spiegazioni da parte di nessuno. Io accetto se mi vieni a parlare e mi spieghi il perché non fai più parte del progetto, ma noi non ci avevano detto nulla e non ci siamo ritrovati convocati per il ritiro. Io quell’estate avevo chiesto al team manager quando avrei dovuto presentarmi, ma lui mi aveva detto solo che non sarei partito in ritiro. Non me l’ha detto il ds, un dirigente o il presidente, ma il team manager. Questa cosa non è mai andata giù».

A Cyprien, ancora una volta, è toccata la tua stessa sorte…
«Ma che è una barzelletta? (ride, ndr). Immagino che sarà arrabbiato… Mi sembra un film comico: è la terza volta che succede, credo. La cosa grave è che l’avevano reintegrato. È anche brutto per il giocatore».

Qualche tuo ex compagno, però, è ancora in rosa: Balogh, Hernani, Man, Mihaila, Osorio, Sohm e Valenti. Che ricordo hai di loro?
«Sono tutti ragazzi con cui ho condiviso un anno o due. Mihaila e Man si vedeva già all’epoca che erano forti: Mihaila c’ha il motorino, mentre Man a livello tecnico era molto forte, però adesso è migliorato tanto sotto porta. Magari è ancora un po’ egoista. Gli altri sono tutti bravi ragazzi, sono contento che ce l’hanno fatta a risalire in Serie A, mi sembra che ognuno abbia dato qualcosa».

Il Parma di quest’anno ti piace? Quale giocatore ti ha impressionato di più?
«Mi piace: è una squadra che mette in difficoltà tutti. Ha pochi punti per quel che ha dimostrato. Ma è presto: si trova lì giù, ora deve iniziare a ingranare. Bonny, quando ero lì, l’avevo visto qualche partita in Primavera, e mi dicevo: “Se non si dà una svegliata, non gioca neanche in Serie C”. Ora mi sembra veramente forte. E lo sta dimostrando in Serie A, poi!».

Prime impressioni sulle 8 giornate di campionato?
«Il Napoli di Conte sta facendo bene. L’Inter si conosce e ha la rosa più forte del campionato, sia negli undici sia nei sostituti. Poi, io sono contento per l’Empoli e anche per il mister. Secondo me, ci sono due campionati: una decina di squadre che lotteranno per la salvezza, una decina di squadra. Tutte le partite sono tirate: “sotto” sarà difficile».

Domenica al “Tardini” arriva l’Empoli, quest’anno allenato da mister D’Aversa, che avevi avuto modo di conoscere proprio qui a Parma.
«Sarà una partita divertente: sono due squadre a cui piace giocare a calcio. L’Empoli è una squadra messa bene in campo. Me la guarderò con piacere. Il mister lo conosciamo tutti: le sue squadre, se lo seguono, i risultati li ottengono, perché prepara bene le partite. Ha fatto bene a Parma, per me ha fatto bene a Lecce (nonostante quel che è successo) e sta facendo bene ora a Empoli».

L’Empoli ha la seconda miglior difesa della Serie A: un marchio di fabbrica per D’Aversa.
«Secondo me lui su questa cosa qua è molto bravo: lui è veramente meticoloso nel preparare la partite, nei movimenti di tutta la squadra e non solo della linea di difesa. Nel primo anno a Parma eravamo messi molto bene in campo: era difficile farci gol. A Empoli sta facendo un buon lavoro: è difficile fargli gol, infatti ne hanno presi solo 5. Si potrebbe star qui delle ore a parlare di allenatori propositivi e “catenacciari”… Ma penso che nel calcio l’importante siano i tre punti: anche giocando così, ha portato a casa grandi risultati. Mi sembra che a livello propositivo stia dando qualcosa di più: l’Empoli ha un’impronta piuttosto precisa, D’Aversa ha fatto uno step in questo senso».

Quali giocatori potrebbero essere decisivi per il Parma e per l’Empoli domenica?
«C’è da stare attenti ai due attaccanti, Esposito e Colombo, che stanno facendo un buon campionato: giocano molto bene tra di loro. Poi, c’è Fazzini da tenere d’occhio. E anche un ex, Pezzella, mi sta impressionando: grande avvio di campionato. Se avessi il Parma io tra le mani, con gli esterni che si ritrova, farei avere la palla a Man Mihaila in qualunque momento: Mihaila, se gli lasci spazio alle spalle della linea, è devastante. E poi c’è Bonny, che gioca con la squadra… Un tridente veramente interessante. Anche il portiere (Suzuki, ndr) non è male: mi piace».

L’Empoli è stata la tua parentesi calcistica più importante: 144 gare complessive e 1 gol con gli azzurri, dove hai conosciuto tanti giocatori forti e bravi allenatori. Ce n’è uno a cui, oggi, vorresti mandare un messaggio particolare?
«A un allenatore: sicuramente, Sarri. Tanti giocatori negli anni, nelle piazze in cui ha allenato, hanno fatto il salto di qualità grazie a lui. Io ti parlo dell’Empoli: più della metà dei giocatori non avrebbe fatto carriera senza Sarri. Ne sono convinto. Ci ha inculcato dei concetti e un’idea di calcio, soprattutto a livello difensivo, che hanno fatto fare il salto di qualità e cui hanno permesso di affrontare le partite con una determinata mentalità. A Empoli si giocava a memoria, era una macchina che funzionava al 100%. Un difensore, che fosse terzino o centrale, con Sarri esplodeva: il mister ha un’idea di calcio incredibile. Tra i giocatori sono rimasto molto legato a Saponara: lui era già forte prima, non aveva bisogno di Sarri… Quando stava bene era fortissimo. Tonelli era un altro che, se non ci fosse stato Sarri, andava a fare il muratore (scherza, ndr)… Però è stato molto bravo e ha fatto una grande carriera, dimostrando di essere un difensore forte: peccato per qualche infortunio di troppo».

All’Empoli lo scorso anno hai ricoperto l’incarico di talent scout.
«Ho preso questa decisione qua, dopo aver risolto col Parma due anni e mezzo fa ormai. Avevo preso la decisione di smettere, per motivi familiari, anche se era un po’ presto. Avevo 33 anni e qualche anno in più lo potevo ancora fare. Però volevo continuare a lavorare nel calcio: a Empoli c’era Pietro Accardi come ds, con cui avevo giocato assieme. Abbiamo parlato su cosa si poteva fare: a me piaceva andare a vedere le partite e ho iniziato così… Come osservatore mi sono trovato bene, mentre nel ruolo di direttore non mi ci vedo tanto: troppe “rotture di scatole”. Ci vuole un certo tipo di carattere, che io non ho».

Un nome di un talento che hai segnalato alla famiglia Corsi ce lo puoi fare?
«Questo non si può dire (ride, ndr). Oddio, Esposito glielo avevo già detto da due anni che mi piaceva come attaccante. Piaceva a me come tutti gli scout, e l’hanno preso».

È il ruolo che pensi che tornerai a svolgere una volta che avrai deciso di appendere gli scarpini al chiodo?
«Mi è piaciuto, però ora sono tornato a giocare: le energie le concentro lì. Se gioco, non posso andare a vedere le partite. Quando smetterò, vediamo che succederà. Potrebbe essere interessante allenare i ragazzi, però né troppo piccoli né troppo grandi».

Commenti
Pubblicità
Pubblicità
Pubblicità

Altri articoli in Parma Calcio