È un terzo anno molto difficile quello che sta vivendo Gervinho in maglia crociata, specchio anche del campionato generale del Parma. I quattro gol (due doppiette) dell’ivoriano hanno fruttato quattro punti, che avrebbero potuto essere sei, senza il pareggio in extremis di Perisic nel 2-2 con l’Inter.
Gol che, comunque, gli garantiscono il titolo provvisorio di capocannoniere del Parma, davanti a Hernani (tre gol e un punto, quello col Milan, per il brasiliano) e Kucka (tre gol, due punti). Tra dicembre, gennaio e febbraio il Parma ha segnato solo con Kucka, due volte. Le ultime marcature di Gervais risalgono al 30 novembre quando una doppietta al Genoa regalò tre punti al Parma e un po’ di effimero ottimismo per quanto riguardava il percorso crociato e la gestione Liverani. Da allora, però, le tracce dell’ivoriano si sono perse: parecchie partite da spettatore non pagante e atteggiamento globale svogliato in campo, nonostante la fascia da capitano ormai stabilmente vestita in occasione delle assenze di Bruno Alves.
Non va del tutto trascurata l’attenuante di un gioco che certo non ne esalta le doti di contropiedista, con avversari che ormai hanno preso le misure sia a lui che allo sviluppo della manovra del Parma. Ha sintetizzato il tutto Gedeone Carmignani un paio di giorni fa (leggi qui): il gioco che si è obbligati a fare da penultimi (e non girando a 25 punti come gli scorsi anni) e i conseguenti pochi spazi di cui la squadra dispone non sono assolutamente adatti alle caratteristiche di Gervinho, che ama invece spazi “larghi e lunghi” e finisce costantemente per essere raddoppiato.
Dando un’occhiata alle scorse annate, il picco di rendimento è stato indubbiamente raggiunto il primo anno in gialloblu: 30 presenze e 11 gol, prima e finora unica volta in doppia cifra in Serie A. Momenti memorabili di quell’anno, il sensazionale gol col Cagliari che sbalordì il Tardini (e chi si era forse dimenticato troppo presto di lui) e la doppietta allo Stadium contro la Juventus, in un 3-3 da neopromossi che fece sognare ma che fu preludio a un girone di ritorno parecchio sofferto.
Alla ventunesima giornata, nel 19/20 aveva messo a segno 6 gol; la ventiduesima e terza di ritorno sarebbe stato proprio il 3-3 a Torino. Nel resto del girone di ritorno segnerà nell’altro 3-3 di Empoli, nella sconfitta interna con l’Atalanta e da ex a Roma nell’ultima di De Rossi. Più in generale, era però l’atteggiamento a fare la differenza rispetto a quest’anno: sempre vivo, sempre pericoloso per gli avversari (che così lasciavano più spazio anche alle altri armi del Parma) e più propositivo.
Nello scorso campionato assomma 31 presenze e 7 gol; un buon bottino, considerando anche l’esclusione per qualche settimana dovuta agli “atteggiamenti poco professionali” e al tira e molla relativo alla sua cessione negli Emirati. Ritorno in campo a Sassuolo nell’ultima partita della storia della Serie A con uno stadio pieno e decisivo gol dello 0-1; scuse presentate e pace presto sancita.
Alla ventunesima giornata anche l’anno scorso i gol erano quattro, distribuiti però su quattro partite – e non due – ma che soprattutto valsero ben otto punti. Ottimo era anche l’atteggiamento in campo e l’intesa con il cervello della squadra, Kulusevski, con i due a scambiarsi parecchi assist e giocate di qualità in velocità. Anche il neo del rigore sbagliato contro il Torino non aveva pesato sull’economia della classifica, con il Parma capace di vincere comunque 3-2 in rimonta.
Appare comunque chiaro come moltissime delle speranze di salvezza del Parma passino dalle sue prestazioni; nonostante una carestia di gioco, gol e risultati con pochi precedenti nella storia recente, la matematica è paradossalmente la più grande alleata dei crociati a oggi. Un Gervinho anche con meno minutaggio – ma più efficacia – per esempio a gara in corso, unito all’esplosione di qualcuno dei giovani, potrebbe anche cambiare gli oscuri scenari che hanno fin qui accompagnato la squadra.