(www.parmacalcio1913.com) – Il direttore sportivo del Settore Giovanile del Parma Calcio 1913 Luca Piazzi oggi, giovedì 15 Novembre 2018, è stato ospite in diretta telefonica della trasmissione radiofonica “Palla in Tribuna” in onda sui 102 e 104 megacicli di Radio Parma, intervistato dal conduttore Marco Balestrazzi.
Queste le sue parole:
“Per costruire un settore giovanile servono anni: io sono arrivato due anni fa e ho trovato un ottimo lavoro fatto soprattutto sul territorio che era quello che andava fatto. Le ultime categorie erano state riformate con un’ottima base, nelle fasce sopra erano sparite delle fasce intere e ricostruirle non era semplice perché si erano accasati in altre squadre. In questi due anni siamo cresciuti ulteriormente. Sono molto contento; ho trovato una società disponibile, un ambiente entusiasta che si è messo a disposizione. Io sono soddisfatto di quello che stiamo facendo,anche se è chiaro che dobbiamo crescere ancora tanto per arrivare ai livelli delle squadre top, però, intanto, ci siamo già presi qualche bella soddisfazione e stiamo crescendo. L’anno scorso eravamo molto meno competitivi di quest’anno, stiamo facendo ancora un po’ di fatica con la Primavera e l’Under 17 appunto per i motivi spiegati prima: trovare dei giocatori di 16-17 anni su un territorio in cui erano già state fatte selezioni prima è difficile; ma l’Under 16, 15 e 14 sono già molto competitive: questo sta a testimoniare che stiamo lavorando bene e questo ci dà la forza di credere nel progetto che abbiamo.
Come area scouting in questi due anni ci stiamo riorganizzando. Le squadre, secondo me, devono essere costruite con una buona base territoriale, ma quando si arriva all’attività agonistica, e quindi dall’Under 15, dove c’è la possibilità di prendere anche dei giocatori provenienti dal resto d’Italia, si tratta di riuscire ad inserire quei quattro o cinque elementi che rendano la squadra competitiva, e quando si arriva all’Under 16, che c’è la possibilità di selezionare anche in Europa, prendere due stranieri che completino la squadra. Questa per me, teoricamente, sarebbe la ricetta giusta, perché ci sarebbe il tempo di formare e plasmare delle squadre, partendo soprattutto da giocatori locali che poi è il primo obiettivo. Poi rendere effettivo questo progetto non facilissimo, poi si tratta di essere bravi e fortunati, ma soprattutto tenaci nel lavoro, cioè credere in quello che si sta facendo e riuscire a fare identificare i ragazzi in questo nostro progetto.
Ci sono diversi ragazzi di questo territorio, passati negli anni scorsi dal settore giovanile del Parma – come Jérémie Broh, che io ho avuto al SudTirol, o Andrea Adorante – che stanno facendo bene nelle squadre in cui sono e io penso che attualmente nel nostro vivaio ci siano adesso giocatori di prospettiva che possono approdare al calcio professionistico. Poi arrivare alla serie A non è facile, ma tanti possono arrivare a fare i professionisti, poi dipende dal percorso che faranno. Io ritengo che il nostro sia un settore interessante, molto interessante, poi bisogna essere bravi dal punto di vista metodologico a formare giocatori bravi, in un ambiente nel quale si sentano a casa, forti e inseriti in un progetto. La riuscita della formazione di un giocatore è un’alchimia: non bastano solo le doti di un giocatore, influisce molto quello che riesce a fare il club per favorire questa crescita.
E’ giusto che ci siano tanti ragazzi italiani nelle nostre rose, anche se sappiamo bene che alle volte, per motivi fiscali, dei giocatori stranieri convengono più degli italiani: poi, però, ci si è accorti che si è abusato di questo e si sta un po’ tornado indietro. Lo fanno anche dei club importanti. Ci si è accorti, sui giocatori di colore, ad esempio, che hanno sì qualche dote fisica prima, ma poi con il percorso si parificano. Purtroppo l’aspetto sociale un po’ ci penalizza: nel senso che pochi bambini iniziano, non c’è più la selezione come una volta e quindi non è più facile trovare degli italiani bravi come una volta, anche se i ragazzi, dal punto di vista cognitivo, sono un po’ più avanti. Noi ci basiamo sull’avere dei giocatori disponibili, intelligenti, che possano fare un buon percorso. Io penso che il numero giusto di stranieri siano due per squadra, dopo i 16 anni e che si lavori per integrarli bene all’interno di un gruppo che abbia già un’idea di gioco. Forse non in Italia, ma questo è il format europeo che stanno utilizzando le squadre più importanti.
Il fatto che ci siano meno bimbi che giocano al calcio è il vero problema: prima i giovani accedevano al calcio spontaneamente, perché prima c’erano gli oratori, il gioco attivo e tutta una serie di situazioni per cui quasi tutti i ragazzi cominciavano a giocare a calcio; adesso è un po’ diverso perché l’attività motoria, praticamente, non esiste più dentro le scuole, mentre io ritengo che il primo passaggio importante sia inserito un pacchetto formativo di sport, in particolare il calcio: cosa che in altri stati han fatto e l’Italia, invece, è molto indietro. E questo aspetto penalizza perché ci accorgiamo, tante volte, che un giovane che gioa a calcio lo fa per iniziativa dei genitori e non perché ha iniziato spontaneamente a giocarci.
Noi stiamo lavorando su un progetto nostro che va al di là del sistema di gioco, che non ritengo essere influente: noi lavoriamo sul fatto di creare dei giocatori che siano ‘intensi’, rapidi nel trovare le soluzioni di gioco, che abbiano personalità. Già dai piccolini cerchiamo di allestire squadre che siano, come dicono tanti, ‘propositive’, anche se forse il termine più adatto sarebbe ‘intensi’. Abbiamo cercato di creare una metodologia che step by step, categoria dopo categoria, faccia crescere il giocatore secondo il nostro modello di gioco e quindi cresca integrato nella nostra idea di gioco. Per questo stiamo cercando di armonizzare il lavoro degli allenatori, affinché tutti seguano questa filosofia.
Come sistema di gioco noi adottiamo con il 4-3-3, anche se cerchiamo di adattarlo alle caratteristiche dei giocatori: non è un 4-3-3 da integralisti, se un giocatore ha determinate caratteristiche cerchiamo di plasmarle e valorizzarle all’interno del nostro sistema di gioco. Gli allenatori, dunque, debbono cercare di sfruttare le caratteristiche dei giocatori, adattando semmai il sistema di gioco a queste caratteristiche.
Se è lontano il periodo in cui un nostro Primavera possa esordire in prima squadra? Ma no, se pensiamo, ad esempio, che Camara è già andato in panchina a Genova. Io penso che possa essere vicino questo momento… Camara anche se è ivoriano, penso che possa essere considerato un prodotto del nostro settore giovanile visto che sono tre anni che è qua, cioè da quando aveva 14 anni. Lui è un po’ la stellina del nostro settore giovanile, anche se è ingeneroso dirlo nei confronti degli altri: io penso che una decina di nostri ragazzi possa ambire ad arrivare nel Parma in prima squadra ci siano; poi che ci arrivino effettivamente non lo so, ma le potenzialità ci sono. E ne abbiamo avuto conferma quando ci siamo misurati con club importanti e abbiamo constato di avere giocatori allo stesso livello di alcuni top player di settori giovanili di squadre importanti quali Inter, Milan, Juventus, Atalanta e Roma, che ritengo essere quelli più forti d’Italia e noi qualche ragazzo che potrebbe giocare con loro lo abbiamo… Sia per i ragazzi più grandi, che per i più piccolini, noi pensiamo che quanta più esperienza riusciamo a fargli fare, soprattutto contro squadre forti, magari anche a livello internazionale, sia assai formativo perché riteniamo che non ci sia modo migliore per allenare i ragazzi che farli giocare. Quindi investiamo molto nel fargli fare quanti più tornei possibili, quindi al di là dei Campionati, riteniamo questo un ottimo modo per formarli, dunque facendoli giocare e facendoli giocare con squadre di alto livello.
A chi ci ispiriamo? Non certo a livello di gioco perché sono inarrivabili, ma a livello filosofico io penso che il Barcellona abbia tracciato una strada: mi riferisco al fatto di come riescano a fare identificare i ragazzi nel loro club, il tipo di organizzazione che hanno creato nel settore giovanile, l’aspetto metodologico che loro hanno creato importandolo dal modello olandese dell’Ajax per poi plasmarlo cercando di migliorare l’aspetto ambientale. L’Ajax e il Barcellona sono le due pietre miliari per i nuovi orientamenti dei settori giovanili; poi i club inglesi lo sono sicuramente per le strutture, creando la possibilità per i ragazzi di allenarsi dentro contesti altamente professionali. CI si potrebbe ispirare, poi, ad alcune squadre spagnole: filosoficamente dicevo prima il Barcellona, ma ideologicamente anche Atletico Bilbao o Villareal. Riuscire a ricreare dentro al Parma alcuni principi loro sarebbe veramente una cosa innovativa che in Italia porterebbe grosso entusiasmo e risultati.”
VIDEO DAL CANALE UFFICIALE YOU TUBE DEL PARMA CALCIO 1913 SETTORE GIOVANILE
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IL DIRETTORE SPORTIVO DELLE GIOVANILI DEL PARMA CALCIO LUCA PIAZZI OSPITE IN DIRETTA DI “PALLA IN TRIBUNA” (RADIO PARMA) INTERVISTATO DA MARCO BALESTRAZZI
Clip a cura di Alex Bocelli