Alla lunga lista delle proposte “folli” che abbiamo ascoltato in questi 3 mesi dobbiamo aggiungere una “chicca” firmata da un alto esponente dell’OMS, Walter Ricciardi, docente di Igiene all’Università Cattolica e membro italiano dell’Executive Board dell’Oms.
L’argomento è la riapertura degli stadi: “È un’ipotesi che possiamo iniziare a prendere in considerazione per le regioni in cui la circolazione del virus è ridotta o addirittura pari a zero. Non è pensabile in Lombardia o in aree ancora calde, ma nelle regioni dove da diversi giorni i casi sono zero, lì si può cominciare a pensare ad una graduale riapertura”. Ovviamente “con un numero ridotto di pubblico per garantire le misure di sicurezza che sarebbero difficili da attuare con migliaia di spettatori”.
Riaprire gli stadi italiani, seppur parzialmente, è uno degli obiettivi primari del mondo del calcio, ma l’approccio al problema parte da basi sbagliate e discriminatorie, perché aprire il San Paolo di Napoli e tenere chiuso il Tardini (ad esempio) è una scelta che rischia di falsare ulteriormente il campionato di serie A. O tutti o nessuno, questa è l’unica soluzione per evitare di spaccare l’Italia in due, da nord a sud, in base al numero dei contagi o dei morti (Covid-19). Una soluzione di buonsenso. Una scelta di sport, prima che politica ed economica.
Intanto il Parma e il Tardini continuano a tenere le dita incrociate sperando in una riapertura dell’impianto cittadino entro la fine della stagione, seppur a capienza ridotta e secondo un rigido protocollo sanitario che potrà consentire l’ingresso solo a poche migliaia di tifosi (un tifoso ogni 3 seggiolini).