Il futuro del calcio non può prescindere dagli stadi di proprietà. Lo hanno capito un po’ in tutta Europa, compresa l’Italia, anche se il fenomeno è lento e ancorato a varie problematiche, tra cui la mancanza di strategie imprenditoriali a lunga scadenza, con le società spesso sopraffatte dalle esigenze di classifica, dagli stipendi dei calciatori e dal calciomercato. Problemi che consigliano i presidenti dei club a rimanere fermi, immobili, in attesa che dal cielo arrivi qualche miracolo. Attesa che fino ad oggi non ha portato a nulla, se non debiti nella maggior parte dei casi.
Davanti a questa situazione la politica e il calcio italiano provano ad invertire la rotta. Stadi in vendita, dai Comuni (nella maggior parte dei casi proprietari degli impianti) alle società di calcio. Niente più canoni fittizi e litigi per i necessari costi di ristrutturazione.
E così a Genova l’amministrazione comunale ha messo in vendita lo storico stadio Marassi: cifra di partenza 16 milioni e 578mila euro. Troppi, tant’è che Samp e Genoa, intenzionate ad acquistarlo entrambe, non si presenteranno alla prima asta e apsetteranno le successive e i relativi ribassi.
A Napoli il sindaco De Magistris ha avviato la discussione per la cessione del San Paolo: la richiesta è intorno ai 50 milioni, ma alcune perizie parlano di un valore intorno ai 25 milioni di euro, cioè la metà. Siamo ancora in una fase embrionale, ancora nessun bando ufficiale, ma le intenzioni sono quelle di trovare una soluzione entro la fine dell’anno.
Altrove si è deciso di costruire nuovi stadi, in zone di periferia, per controllare al meglio il traffico veicolare e i rischi per la cittadinanza. In Italia sono ancora poche le società con uno stadio di proprietà: Juventus, Udinese, Sassuolo, Atalanta e Frosinone.
A Parma la situazione è simile a quella di tante altre città, ma con l’aggravante che lo stadio si trova a due passi dal centro storico, con inevitabili disagi per i residenti e alla circolazione stradale: il Tardini è di proprietà del Comune che lo concede in affitto, tramite il pagamento di un canone annuale, alla società proprietaria del Parma Calcio. In sostanza, è un contratto di affitto. Ma per la recente ristrutturazione dell’impianto, per adeguarlo alle rigide regole della serie A, i costi sono stati sostenuti dall’attuale proprietà del club, con un contributo di appena 150mila euro da parte del Comune, a fronte di una spesa complessiva che si aggira intorno ad 1 milione di euro.
Il problema del Tardini viene sempre rimandato, ma è chiaro che prima o poi bisognerà prendere una decisione: venderlo e ristrutturarlo, oppure abbatterlo e costruirne uno nuovo? Il dilemma divide la tifoseria e non solo, ma negli ultimi mesi l’argomento è tornato d’attualità. Comune e Parma Calcio 1913 ne hanno parlato più volte, tant’è che le parti hanno deciso di aggiornarsi nei prossimi mesi, per capire le reciproche e reali intenzioni. La certezza è che il modello attuale (affitto) non può reggere a lungo. Il Parma deve avere uno stadio di proprietà, lo impone il mercato, ma la strada è ancora molto lunga, anche perché le frizioni e i contrasti non mancano.