In questi giorni sulle tribune del Tc President in occasione del Torneo internazionale ITF maschile (10.000 $ più ospitalità, terra) – Gold Cup “Trofeo Log-Freight” gli appassionati avranno riconosciuto Diego Nargiso. Ex numero 67 al mondo, paladino della Coppa Davis, dove ha un bilancio di diciotto vittorie e quattordici sconfitte, e uno dei tennisti azzurri più amati dai tifosi, Diego è a Parma in veste di coach a seguito di Lorenzo Giustino, numero 279 delle classifiche mondiali.
Parliamo del tuo principale assistito, Lorenzo Giustino. A che punto è la sua crescita?
Lorenzo è a mio parere uno dei tennisti italiani con il maggiore potenziale. Soprattutto sul piano fisico, ha doti di eccellenza assoluta, che mi ricordano molto Filippo Volandri, e sono sicuro che riuscirà a compiere il salto definitivo. Abbiamo lavorato molto soprattutto sul piano mentale, ed è lì che si trova la chiave di volta per riuscire a raggiungere grandi traguardi. Lorenzo è stato abituato fin da piccolo a gestirsi da solo e a trovare sempre in autonomia la soluzione ai problemi. Quando hai un coach che ti segue costantemente il punto di vista cambia un po’. In qualche modo è necessario affidarsi e fare in modo che la persona a tuo fianco possa portarti sulla strada corretta. All’inizio per Lorenzo, non per mancanza di volontà ma semplicemente per abitudine, è stato difficile lasciarsi andare, ma adesso le cose iniziano a ingranare e sono convinto che a breve ne vedremo i risultati.
E gli altri tuoi giocatori?
Gianluca Mager è una delle promesse più importanti del tennis italiano, e sono contentissimo di quanto sta facendo, in più l’età è dalla sua parte. Andrea Basso ha avuto parecchi problemi fisici che gli hanno limitato la stagione, ma adesso le cose vanno meglio e la qualificazione al Challenger di Milano è il modo migliore per entrare in fiducia. Da pochissimo abbiamo iniziato una collaborazione anche con Gianluca Di Nicola, che secondo me è dotato di un potenziale elevato. Inoltre seguo anche ragazzi giovanissimi, come Prevosto, e mi auguro di poter contribuire alla loro crescita.
Più in generale, guardandoti intorno nel circuito, chi sono i giovani tennisti azzurri che più ti piacciono?
A livello “top” credo che Matteo Donati sia un giocatore già formato e sarà una delle nostre punte di diamante del circuito ATP nei prossimi anni. Lorenzo Sonego è un altro che apprezzo tantissimo per quanto è cresciuto. Venendo ai giovanissimi, ce ne sono davvero tanti di ragazzi interessanti, penso a Gianmarco Moroni, al quattordicenne Lorenzo Musetti, ma anche andando per tornei “inferiori” puoi trovare degli elementi su cui è interessante lavorare, come il pratese del 2000 Gianmarco Ferrari.
Abbiamo parlato di giovani: quali sono secondo te le tappe obbligate che deve percorrere un ragazzo con ambizioni di professionismo?
E’ giusto e naturale che fino a 13/14 anni un tennista rimanga nel suo ambiente protetto, ovvero nel circolo. Dopo quell’età tuttavia, se c’è una reale ambizione di diventare professionista, le esigenze del tennista e del circolo diventano diametralmente opposte ed è necessario trasferirsi in un centro di allenamento, assieme a coach che conoscano perfettamente le dinamiche del circuito professionistico. Creare un giocatore “pro” in un normale circolo tennis, almeno com’è strutturato in Italia, è pura utopia. E’ molto facile perdere di vista il proprio valore e non avere il sentore del durissimo mondo che c’è fuori, sentendosi già arrivati. Ai ragazzi che si allenano presso la nostra accademia non facciamo altro che ricordare quanto le vittorie a livello giovanile siano solo una tappa della loro crescita, e chiediamo di professare umiltà, sempre e comunque.
A livello di base, credi che in Italia esista una vera mentalità sportiva?
Purtroppo no, e mi riferisco alle scuole e alla formazione, dove lo sport è visto come qualcosa di accessorio, spesso fastidioso. Nel 2004 sviluppai un progetto molto interessante chiamato “Saranno Sportivi” riguardo l’educazione e l’orientamento sportivo nelle scuole elementari. Facemmo lo screening di un numero enorme di ragazzi e creammo addirittura un software che, analizzando gli aspetti fisici e mentali, indicava le discipline sportive in cui essi erano più portati, onde evitare tassi di abbandono troppo elevati a causa di risultati deludenti o scarso divertimento. Purtroppo per motivi politici e burocratici il progetto si è fermato e poi la mia strada mi ha portato altrove.
Ammetto tuttavia che mi farebbe piacere se qualche istituzione locale o università riprendesse in mano questo progetto. Penso che lo sviluppo dello sport sia uno degli elementi cardine di una società sana sul piano dei valori, formando persone che conoscono il sacrificio e il rispetto fin da piccolo, e della salute, abbattendo l’obesità e le malattie cardiovascolari dovute a un’eccessiva sedentarietà.
Tennis e Tennistavolo
Diego Nargiso, allenatore di Giustino: “Scuola e formazione vedono spesso lo sport come qualcosa di fastidioso”
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