Le idi di marzo furono fatali a Giulio Cesare. Lo saranno anche per le Zebre a Parma? Fra poco più di una settimana, il 14, scade l’ultimatum federale per sottoporre una manifestazione di interesse, da parte di privati, a rilevare il capitale sociale ora detenuto dalla Fir. Tutto tace, al momento, anche se nell’ombra si sta lavorando all’uopo e da fonti vicine alla franchigia giungono voci, che gli appassionati ovali locali auspicano consistenti, che lasciano spazio a ottimismo, come abbiamo avuto modo di scrivere già lo stesso giorno del comunicato federale argomentandone i motivi. Ci sarebbe una cordata di imprenditori locali/limitrofi che, per intanto, dovrebbe sborsare quei 300 mila euro circa per rilevare il capitale sociale per poi immettere altra liquidità per poter affrontare la/le stagione/i successiva/e. Per passare dalle parole ai fatti servirebbe ancora qualche giorno. Qualcuno vociferava, anche, che a costoro si affiancherebbe, come co-sponsor, Cariparma-Crédit Agricole, un marchio locale internazionalizzatosi alcuni anni fa e, ça va sans dire, sponsor dell’Italrugby, e quindi della Federazione, dall’epoca Dondiana. Una eventualità che creerebbe qualche mal di pancia all’attuale presidente federale, Gavazzi, cui tirò la volata Dondi che ora non è esattamente un suo “gregario”. Ammesso, e non concesso, che tale eventualità si realizzi, la quota sulle Zebre “deve” essere un esborso ulteriore per l’istituto di credito. In ogni caso, si sta lavorando alacremente per non fare del nuovo Lanfranchi una cattedrale nel deserto (e una dimora stabile per i Panthers … ).
Ma esisterebbero alternative a una franchigia non a Parma? Molti pensano a Calvisano, dove pioverà moneta per permettere allo stadio di adeguarsi in vista del Mondiale Junior, e all’immancabile italico conflitto d’interessi. Sempre che il tessuto imprenditoriale bresciano abbia, eventualmente, interesse a esborsi. Dal 22 febbraio è tornata alla ribalta Roma. Posto che sia vera, il passato docet, la notizia di una finanziaria disposta a mettere soldi, dove si giocherebbe? Al Flaminio? Provocazione. Al Tre Fontane, si sostiene. Difficile che da aprile a settembre quella struttura, considerato lo stato attuale, possa subire il restyling necessario. Soldi e stadio: conditio sine qua non. E l’interesse ovvero il pubblico? Parma risponde a tratti e lo stadio non si riempie. Per riempire non intendiamo 4500 persone ma almeno 3000-3500, dato che soltanto in occasione del derby col Benetton della stagione scorsa fu toccato. E deo gratias che di tanto in tanto c’è un torneo giovanile che va ad alimentare la media. Siamo sicuri che a Roma si possa ottenere una media di 2000/2500 persone, minimo sindacale, a partita? Forse potrebbe aumentare la pattuglia straniera, data la peculiarità della capitale, ma non a frotte. A Parma sta per sparire il calcio di alto livello, salvo miracoli, la pallavolo femminile è sparita da qualche anno; sparisse anche il rugby, seppur “importato” poiché quello locale è imploso e naviga in serie B, il riferimento è esclusivamente cittadino per ovvi motivi, non sarebbe un bel segnale. L’imprenditoria locale, anche importante, non ci sente molto, vedi Parma calcio lasciato a Ghirardi. L’ing. Dallara entrerà nel Parma, ma con la situazione sul pulito, e come dargli torto ora, ovvero in serie D, presumibilmente. Certo, sostiene qualcuno, il vero rugby e il vero movimento non sono le Zebre bensì la Rugby Parma, l’Amatori, Noceto e Colorno (e lo Stendhal … ) e la franchigia celtica fagocita, non tanto interesse quanto risorse a scapito della base. Ma pur in assenza delle Zebre sarebbe diversa la situazione? Il busillis non è Zebre, o Aironi, bensì la svolta celtica. Fermiamoci qui. In attesa del 14 marzo.
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Zebre a Parma, tra countdown e ottimismo
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