Le scelte di Brunel per il 6 Nazioni hanno escluso l'ultimo parmigiano in lizza, Tito Tebaldi. Parma ha dato molto all'azzurro ma soprattutto in tempi remoti. Breve storia dei "parmigiani" in azzurro.
Ricomincia l’avventura. L’Italia a guida francese si appresta a vivere l’ennesimo 6 Nazioni. Piena di curiosità. Sarà anche piena di “equilibrio” come da “Brunel pensiero”? Di sicuro è una nazionale vuota di parmigiani, nel senso lato del termine, di nascita e/o formazione. Il nuovo tecnico ha lasciato a casa, lo richiamerà?, l’unico, ultimo, a disposizione ovvero Tito Tebaldi (14 caps). L’ultimo di una generazione di mediani di mischia che soprattutto negli ultimi decenni hanno popolato il XV azzurro. L’ultimo a precederlo fu Filippo Frati, nocetano come lui, che mise insieme 4 caps tra 2000 e 2001. Il più longevo (26 caps) dei numeri nove parmigiani è l’attuale tecnico dell’Accademia di Parma, Alessandro Ghini. Avversari diversi, tanto che le prime due partite di “Sandro” furono contro l’Urss e la Germania Ovest … ma anche una bella soddisfazione: pareggiare (6-6) con la Francia, seppur A, a Rovigo (1983). La coppia Bettarello-Ghini è la terza di sempre (21 caps) come coppia di mediani. Il quarto, ma primo in ordine di tempo, numero 9, ma anche 7 visto che allora l’estremo aveva l’1, è uno dei mostri sacri del glorioso passato della Rugby Parma: Mario Pisaneschi. Per lui 12 caps tra 1948 e 1955.
Rimanendo in mediana, Parma rugbystica ha dato alla nazionale tre aperture. Luigi Capitani (6 caps) e Daniele Tebaldi, 15 caps distribuiti anche nel ruolo di estremo, sono sulla bocca di tutti. Meno Maurizio Carli che nel 1955, in coppia con Pisaneschi, guidò la mediana in due partite. Rimanendo nella linea arretrata, il più noto tra i trequarti è senza dubbio il velocista Andrea Azzali. L’ala parmigiana ha messo insieme 16 caps tra 1981 e 1985 realizzando 5 mete. Il resto della linea trequarti si completa con il centro Marco Pulli (3 caps), poi tecnico azzurro, e l’ala Gianni Del Bono (1 cap nel lontano 1922).
Passando agli avanti, è nutrita la prima linea. Qui troviamo il primo parmigiano ad aver vestito la maglia azzurra. Era il 1939. Genesio Bonati, bercetese del Guf Parma, si fregiò di 2 caps da tallonatore. A completare la prima linea Temistocle Tedeschi (1 cap nel 1948), Oreste Venè (1 cap nel 1966), Paolo Pavesi (3 caps), Gennaro “Mimmo” Mancini (12 caps), poi presidente della Rugby Parma, e Giorgio Fornari (16 caps), un “utility forward” considerato che si è disimpegnato spesso come flanker.
C’è spazio anche per le seconde linee, poco ovviamente dato l’esiguo numero di giocatori da poter schierare. Giusto tre. Paolo Quintavalla e Dalmazio Bertoli hanno in comune il fatto di aver giocato solo una partita in azzurro ed entrambi, parmigiani di nascita, quando vestivano la maglia delle Fiamme Oro Padova. Anche il fidentino Matteo Silini (8 caps) è stato chiamato in azzurro quando giocava a Padova, ma sponda Petrarca.
Parma, però, è terra di flanker. Per estensione, di terze linee. Monumenti del rugby locale. A partire da Massimo Giovanelli che con i suoi 61 caps (di cui 37 da capitano) è il top ranked. Il leone di Grenoble ha ruggito anche in squadre francesi. Lo stesso dicasi per Sergio Lanfranchi cui, ahinoi, hanno demolito lo stadio a lui intitolato. “Braccio”, come era soprannominato, collezionò 21 caps e anche lui ebbe nel suo destino Grenoble. Giocò e vinse uno scudetto con la squadra di quella città. La linea si completa con i due “scudettati” Primo Masci (9 caps) e il terza centro Mario Percudani (9 caps), Giancarlo Degli Antoni (6 caps), Gianni Aiolfi (6 caps) e Renzo Maini (2 caps).
E i “parmigiani d’adozione”? Come il pilone Stefano Romagnoli, nato a Bologna (a proposito, auguri dato che è nato il 5 febbraio) ma una vita alla Rugby Parma con la quale detiene il record di presenze (281), che vanta 15 caps oppure il centro Emilio Andina, pesarese di nascita e nel “club dei 100” gialloblù, con 2 presenze o i Pace, padre Sabatino e figlio Samuele, entrambi con 3 caps? Fate vobis.