Un biennio di amarezze: dal Lecce dello scorso anno al Bari di ieri. Quattro gol e tutti a casa, in entrambe le occasioni.
In mezzo una collezione di altre sconfitte: 7 nella stagione attuale (2022-23), 11 nella stagione 2021-22. Totale: 18 sconfitte in 58 partite. In sostanza, una ogni tre gare di serie B.
Numeri e prestazioni che si ripetono, con una cadenza disarmante, figlia di problemi clamorosamente identici, a partire dagli infortuni, malgrado nelle ultime due stagioni siano cambiati tre allenatori e relativi staff tecnici.
Il Parma stecca sempre sul più bello, cioè quando dovrebbe ingranare la quinta e dare una segnale forte a se stesso e al campionato. E invece niente, la squadra si scioglie come il burro, denotando grossi limiti caratteriali. Un’assenza di “fame” che è evidente soprattutto tra i giocatori più giovani, quelli che dovrebbero rappresentare il futuro del club. Basta osservare l’atteggiamento superficiale e irritante nella gara di ieri dei giocatori più giovani (tranne Bernabé), i tanto “coccolati” ventenni su cui si fonda una buona parte del progetto sportivo gialloblù.
Come è consuetudine italica, in queste ore in tanti stanno puntano il dito contro Krause, Pederzoli e Pecchia. Se ne sentono di tutti i colori. Il problema è che prima di loro stessa sorte è toccata a Carli, Ribalta, Fournier, Liverani, D’Aversa, Maresca e Iachini. Tutti colpevoli, come nell’era medievale del tribunale dell’inquisizione, quando si perseguivano gli eretici.
Eppure il peccato originale sembra un altro, perché così dicono gli ultimi tre campionati dell’era Krause: una parte della rosa crociata non è adeguata per raggiungere gli obiettivi prefissati, la serie A, malgrado il monte ingaggi più alto di tutta la serie B (e di un terzo della serie A) e malgrado due-tra anni di lavoro sul campo che non ha fatto registrare progressi significativi.
Si può parlare di investimenti sbagliati, di scouting inefficace, di moduli tattici inadeguati, di dominio del campo e perfino di schizzofrenia nelle gestione del club… come fanno migliaia di tifosi incazzati. Ma il rispetto di una maglia, di un territorio, di una tifoseria, di una storia e di un datore di lavoro, vengono prima di ogni altra cosa. Indipendentemente da tutto il resto, compreso chi evidentemente non riesce a trasmettere questi valori primordiali ad una squadra apparsa senza anima. Smarrita.
Il rispetto si ottiene lottando e sudando su ogni pallone, a mani nude, come gli affamati e disperati; poi si può anche perdere 4-0 per manifesta inferiorità, ma non nel modo orribile in cui è avvenuto ieri al San Nicola. E’ ingiustificabile. Così come è indecifrabile la gestione dell’ultima settimana, tra la suggestione della Coppa Italia a San Siro e la dura realtà del campionato, la quale ha causato infortuni, affaticamenti e un grande dispendio di energie, tanto da obbligare Pecchia a schierare un tridente inedito a Bari, con Vazquez in panchina. Come se la priorità non fosse il campionato.
Pederzoli ripete di avere fiducia nella squadra costruita in estate e allo stesso tempo spera di recuperare tutti gli infortunati (il calciomercato è secondario). La sua buona fede, i suoi modi gentili e la sua dedizione alla causa non si discutono, così come il tentativo di fare da scudo ad una squadra obiettivamente indifendibile; ma i concetti espressi sono difficili da sostenere quando da tre anni a questa parte, per un motivo o un altro, il campo dice sempre il contrario. Non è solo un problema di risultati, bensì di filosofia, perché di questo passo l’intero progetto sportivo rischia di saltare miseramente.
Ad oggi questa squadra non è adeguata per tornare in serie A, al netto della fiammata iniziale e di tutti i complimenti estivi/autunnali piovuti addosso a Pecchia. Non ce l’ha nel Dna. E difficilmente il mercato potrà aggiustare le cose.
Le restanti 18 partite del girone di ritorno possono smentirci, si spera, intanto apprestiamoci a vivere l’ennesima settimana di apprensione e disillusione, con la classifica che peggiora paurosamente, più vicini alla zona playout che alle prime quattro della classe.
In attesa che la proprietà, la dirigenza e lo staff tecnico trovino una soluzione illuminante ai malesseri cronici del Parma (più bastone che carota?), perché c’è il rischio che un’altra stagione venga archiviata senza il raggiungimento degli obiettivi prefissati.