In un’intervista esclusiva per SportParma, il centrocampista Simon Sohm si è aperto davanti ai nostri microfoni.
Un racconto, dentro e fuori dal campo, di quella che sin qui è stata la sua esperienza parmigiana: dopo un adattamento lungo e più difficile del previsto, il giocatore svizzero (classe 2001) sta diventando uno dei protagonisti di questo avvio di stagione. Ispirato dalle caratteristiche del beniamino Yaya Touré, il ragazzo di Zurigo si sta conquistando l’affetto e la fiducia della piazza a suon di presenze, passaggi vincenti, legami di amicizia (su tutti, quello con il francese Bonny, cui ha già fornito 2 assist in stagione), oltre a quell’insolito ruolo da trequartista che convince sempre più. Di questo passo, per Simon, il paragone con il mitico ex giocatore ivoriano potrebbe non essere così scomodo e campato per aria.
C’è una data precisa che segna la prestazione della tua svolta: 1° maggio 2023, Benevento-Parma. È scattato qualcosa dentro di te?
«Eh, è difficile da spiegare. Non avevo mai giocato in quella posizione come a Benevento, era la prima volta. Mi sono sentito bene. Abbiamo fatto risultato, e poi trovato un po’ di fiducia e confidenza: se ripenso al primo anno in Serie B, non ne avevo molta. Era molto difficile, perché il primo anno in Serie A avevamo perso tutte le partite, poi abbiamo cambiato tutta la squadra. Ero un po’ in down con la fiducia. Poi è arrivato il mister (Pecchia, ndr): anche con lui le prime settimane, i primi mesi, sono stati difficili, ma dopo questa partita di Benevento ho cambiato anch’io la testa. Ho sentito la fiducia. E adesso mi sento molto bene».
Da allora hai iniziato a occupare una posizione di campo per te insolita, quella del trequartista. Ma in realtà esalta perfettamente le tue caratteristiche. “Sohm, il falso dieci”, può andare?
«Questo mi piace! È vero. Perché faccio anche il lavoro in difesa. Il “10″ normalmente fa un po’ di meno. Ma a me piace aiutare la squadra. Sì, in fase offensiva ho qualità con l’ultimo passaggio… Mi piace questo ruolo e mi piace questo nome».
Nel tuo modo di intendere il calcio, ti senti un numero 10?
«Sì, mi sento adesso come “un 10”. Anche un mediano davanti alla difesa, quando giochiamo con tre uomini a centrocampo oppure anche a due e sto un po’ più alto. Nella Svizzera ho fatto questo. Adesso anche sulla trequarti… Penso che sia buono se posso giocare in più di un ruolo, e anche per la squadra lo è, così io posso aiutare dove più c’è bisogno».
Dal 2020 ti abbiamo visto sperimentare 7 ruoli differenti: mediano, centrocampista centrale, ala destra, centrocampista di destra, terzino destro, ala sinistra e, infine, trequartista. Quanti e quali di questi non vorresti mai più fare?
«Non mi piace fare il terzino destro, non è il mio ruolo. Non l’avevo fatto mai (prima di Maresca, ndr). Alla fine, se io posso essere d’aiuto alla squadra, faccio anche questo, ho un mindset così: se la squadra ha bisogno, io faccio il mio lavoro. Ma… non mi piace (ride, ndr). Mi piace stare nel centrocampo. Fare tanti ruoli comunque credo sia un advantage, perché ti aiuta di più a vedere il gioco».
Che cosa è cambiato dal tuo arrivo a Parma? I primi due anni non furono semplici…
«Sono arrivato con 19 anni sulle spalle. Sono arrivato qui durante il Covid, c’era il lockdown ed era tutto fermo e tutto chiuso. Io a casa, da solo, per la prima volta nella mia vita, a 19 anni. Due mesi prima ero con mia mamma a Zurigo, nella mia casa. Sono arrivato qui che non parlavo la lingua, non conoscevo nessuno. Non è facile così. Tanti tifosi da fuori non ci pensano a queste cose. Adesso penso che sono più un uomo, mi piace vivere da solo, ho dei grandi teammates. Mi sento molto bene adesso».
Nel tuo percorso di crescita e ambientamento in un nuovo Paese e in un nuovo calcio, quanto ha contato il sostegno della tua famiglia e dei tuoi amici?
«Un grande ruolo. La mia famiglia è sempre con me. La mia mamma (Angelica, ndr) viene tante volte qui per due, tre o quattro giorni. Viene dalla Svizzera, sono 4 ore da qui a Zurigo. Sono sempre con me, anche nei momenti di difficoltà. A Zurigo c’è il mio migliore amico, ma anche gli altri della squadra nazionale. Dopo una partita, appena abbiamo due o tre giorni liberi, vado a Zurigo, sto con loro e facciamo qualcosa: anche questo è importante. Non c’è solo il calcio».
Nella vita di tutti i giorni qual è il tuo rapporto con la città?
«Sto in centro. Io sono uno tranquillo: mi piace stare a casa. Playstation, guardo un po’ Netflix, Facetime con il mio amico a Zurigo. Alla sera i compagni arrivano a casa mia, andiamo al ristorante, parliamo un po’… Sono uno tranquillo».
Come occupi il tuo tempo quando non ti alleni?
«I miei hobby sono questi due. Le mie serie preferite sono Prison Break e Game of Thrones, sono bellissime. I videogiochi NBA2K per il basket, e EAFC FIFA per il calcio. Ma non mi prendo quando gioco a FIFA, non sono forte. Nel weekend mi piace anche guardare il calcio, oltre che il basket: durante la settimana guardo l’NBA. Mi piace lo shopping, mi piace essere fashion».
E che dire della cucina di Parma?
«Ah! Mi piace. Va tutto bene: la pasta, la carne, il prosciutto, il formaggio… Tortelli d’erbetta, questi mi piacciono! Bellissimi. Dopo la partita, abbiamo un giorno libero nella dieta, e lì… tortelli!».
Tornando al campo, Pecchia ora non ti toglie più. Non è un caso che tu sia diventato il giocatore più presente del Parma dal 2020 ad oggi – 84 match disputati (16 in A, 66 in B, ndr). Sei al centro del progetto.
«Il mister mi dà fiducia. Anche quando sbaglio, so che devo continuare e penso che con la mia qualità posso aiutare la squadra: adesso mi sento molto bene. La squadra è forte. Penso che sono un giocatore importante qui».
Con mister Pecchia che rapporto hai? E cosa ti senti di dirgli?
«All’inizio non era facile, perché non ho giocato. Ero senza fiducia. Ma lui mi ha dato una chance e poi un’altra chance e… I take the chance! Ho colto l’occasione. Ho dimostrato qualcosa con delle partite fatte bene. Adesso stiamo bene e siamo forti».
Una volta lo scorso anno il mister non ti aveva convocato, contro il Brescia, dandoti un segnale forte. Ti è servito.
«Quella volta io e Jayden (Oosterwolde, ndr) eravamo arrivati in ritardo. I understand, è così. Siamo tutti uomini. Tutti sono in ritardo una volta nella vita. Dopo non è successo più».
Certo che fa strano che ad essere in ritardo sia uno svizzero…
«Ah, sì! È vero questo… (ride, ndr). Succede una volta. E poi più».
Siccome stiamo dando i numeri, quest’anno già fornito 3 assist (più uno in Coppa). E da quando sei a Parma, nei match di campionato, ne hai forniti in tutto 7: solo due fantasisti come Vazquez (11) e Brunetta (8) hanno fatto meglio. Hai imparato da loro o sei un argentino mancato?
«Sono al 50% nigeriano, non argentino (ride, ndr)… Però è vero che loro hanno la passione per l’assist. In realtà penso che quando sei ogni giorno con giocatori come Vazquez e Brunetta li guardi e impari. You see, you learn. Li studiavo, però penso che un po’ anche io ho sempre avuto l’ultimo passaggio. E adesso, con la fiducia che sento, quando gioco, riesco a farlo vedere».
Assist che per altro in questa stagione – così come 3 dei 4 dello scorso anno – tu hai firmato sempre in trasferta… Si gioca meglio fuori casa?
«Eh! Mi piace giocare fuori. Mi piace quando la gente è contro di noi, mi stimola».
Scegli tre parole per descrivere il Parma di oggi.
«Buona domanda. Giovane, forte e con fiducia».
Alla ripresa del campionato c’è il Como, per dimostrare che il ko di Venezia è stato solo un incidente di percorso. Sarebbe da considerarsi un esame di maturità per una squadra non ancora pronta…
«È così. Non possiamo vincere 38 partite, il calcio è così. Anche il Venezia è una squadra forte. Ma siamo ancora i primi e adesso dobbiamo continuare. Anche io ho fiducia, e contiamo di vincere.
Il Simon Sohm visto nel 2023 è un giocatore pronto e maturo per tornare in Serie A da protagonista?
«Sì, al 100%».