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Calcio Serie A

Maroni, la tessera del tifoso e le proteste inascoltate

Maroni, la tessera del tifoso e le proteste inascoltate

Conferenze stampa, striscioni, curve in silenzio e manifestazioni di piazza non sono servite a far cambiare idea al Governo e soprattutto al ministro dell'Interno Maroni.

Da una parte migliaia di tifosi stanchi del calcio moderno e di tutte le sue speculazioni, dall’altra le istituzioni che allo stadio ci vanno perché hanno uno o più biglietti gratis. Due mondi completamente diversi che, come se non bastasse, evitano di dialogare tra loro. Eppure il mondo calcio non può fare a meno dei tifosi e degli ultras, è una questione (fenomeno) sociale che andrebbe sì regolato con leggi appropriate e sicure, ma non distrutto attraverso sistemi definiti moderni ma che in realtà scatenano proteste e rabbia.
Ieri il ministro maroni ha detto: “Il mondo ultras è contrario alla tessera del tifoso, ma si tratta di un’opposizione del tutto immotivata. La tessera è una svolta culturale; è un sistema di buonsenso, la vittoria del tifoso vero, non violento. Il titolare potrà godere di procedure veloci, sia per l’acquisto di biglietti, sia per l’accesso allo stadio; usufruirà poi di eventuali promozioni offerte dalla società». Tra due settimane partirà una campagna di sensibilizzazione favore della tessera del tifoso. Apriti cielo: il mondo ultras non ci sta e medita forme di protesta eclatanti come disertare lo stadio. Un muro contro muro che al momento non produce niente, se non ulteriore odio. Parlare di incontri e discussioni democratiche tra Stato e tifosi in questo Paese sembra quasi un’eresia.

Maroni ha aumentato la dose: «Destrutturare le tifoserie organizzate che fanno pressioni sulle società di calcio per avere privilegi e che hanno determinato negli anni passati azioni di violenza». Ma questo, ha riconosciuto Maroni, “è un problema di non facile soluzione e mi rendo conto che è più facile agire in altri Paesi, dove gli stadi sono di proprietà delle società di calcio“. In proposito è stato citato l’esempio dello stadio “Emirates” di Londra, “dove di fatto sono scomparse le curve perché è difficile l’aggregazione delle tifoserie organizzate”. Certo che uno stadio senza curve non è uno stadio. Certo è che tutte queste leggi nascondono l’incapacità dello Stato di gestire la situazione in modo diverso, magari attraverso l’applicazione e il rispetto rigido delle leggi esistenti. La famosa “certezza della pena”.

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