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Calaiò e il Parma: anomalie processuali, poca trasparenza e possibili nuove indagini

Calaiò e il Parma: anomalie processuali, poca trasparenza e possibili nuove indagini

Il turbinio di sensazioni e reazioni che si sono scatenate subito dopo la sentenza di primo grado, che ha condannato Calaiò per tentato illecito e il Parma per responsabilità oggettiva (leggi qui), hanno preso il sopravvento su ogni cosa; azzerando di colpo quel senso di ottimismo e fiducia che si respiravano fino a poche ore fa al Tardini, a Collecchio e nel ritiro di Prato allo Stelvio.
Il rischio, però, è di perdere la lucidità e l’obiettività necessarie per analizzare a sangue freddo un verdetto pesantissimo, da qualunque angolazione lo si guardi. Un verdetto che, a nostro avviso, contiene diverse anomalie, ma allo stesso tempo suscita altrettante perplessità sull’efficacia della linea difensiva adottata dall’avvocato di Calaiò, e non solo. Dubbi che, secondo quanto scritto nella sentenza di oggi, potrebbero dare vita ad “eventuali successive indagini” su Spezia-Parma del 18 maggio scorso (è una possibilità, non una certezza). Insomma, quanto basta per infuocare e rendere ancora più incerti i prossimi giorni, almeno fino alla sentenza della Corte d’Appello.

Partiamo dal contenuto delle motivazioni allegate alla sentenza di primo grado del tribunale della Figc, con riferimento ai rapporti tra Calaiò, De Col e Terzi (ex compagni di squadra): se i rapporti tra il primo e il secondo possono rientrare nella sfera dell’amicizia, così non si può dire per il terzo, come ha dichiarato lo stesso giocatore dello Spezia durante davanti alla procura federale: “Non posso dire di avere una rapporto di amicizia con Calaiò”.

Poi c’è la questione del quarto sms, quello in cui l’Arciere dice che si trattava di uno scherzo, annullando così il sospetto sui primi tre. Ecco cosa scrive il giudice: “… piuttosto che tranquillizzare il De Col, ne accresceva ulteriormente la perplessità“. E ancora: “Emerge, inoltre, dalle dichiarazioni del De Col e del Terzi, la sporadicità dei contatti con il Calaiò, quasi del tutto assenti tra il Terzi e quest’ultimo, nonché l’assenza di un rapporto di tipo cameratesco tale da giustificare toni così asseritamente scherzosi, effettivamente non intesi in termini scherzosi dall’interlocutore diretto (De Col) e da quello indiretto (Terzi), vice capitano e capitano dello Spezia ed entrambi difensori, la presunta durezza dei cui interventi – in gara o nel corso degli allenamenti – non risulta abbia mai procurato danni fisici al Calaiò”.

La difesa del Parma e di Calaiò hanno viaggiato sulle stesso binario, puntando tutto sul tono scherzoso dei messaggi e sulla reale percezione degli stessi da parte dei due giocatori dello Spezia. Evidentemente il tribunale, che ha accolto l’impianto accusatorio della procura, la pensa diversamente: “Che i messaggi, il cui tenore letterale è fin troppo chiaro, non siano stati percepiti in termini negativi (da De Col e Terzi) non trova riscontro nelle dichiarazioni rese dagli anzidetti soggetti ai rappresentanti della Procura Federale”.

Respinta anche l’obiezione del Parma sui presunti ritardi con cui la procura avrebbe avviato le indagini, perché sono stati rispettati “i termini dei 30 giorni” dall’avvenuta comunicazione dello Spezia Calcio all’organo della Figc.

L’articolo sulla responsabilità oggettiva ( ex artt. artt. 7, comma 2, e 4, comma 2, del CGS), così come è scritto e interpretato, è una delle più grandi assurdità del codice di giustizia sportiva. Nella a che vedere con i codici della giustizia ordinaria. Considerazione che non basta ad alleviare il dolore o a riscrivere una sentenza. Anche perché, obiettivamente, se accetti di partecipare ad una competizione, accetti anche le sue regole.
Fatto sta che al giudice Scino preme “evidenziare che si è in presenza di un tentativo di illecito decisamente respinto dai destinatari dei messaggi e la cui conoscenza da parte della Società Parma Calcio non è stata in alcun modo nemmeno ipotizzata; l’odierna decisione, pertanto, viene assunta allo stato degli atti, in quanto non
sentiti i dirigenti della Società e non approfondita l’indagine con riferimento al suo tesserato Ceravolo Fabio”.

Ceravolo, appunto, merita un capitolo a parte: il giorno del processo il giocatore ha fatto denuncia di smarrimento del proprio telefono cellulare, lo stesso che aveva messo a disposizione della procura in caso di ulteriori indagini. “Fabio Ceravolo (autore dei messaggi indirizzati al calciatore spezzino Alberto Masi) il quale, se pure pronto a mettere a disposizione della Procura Federale il proprio telefono cellulare – si legge nella sentenza -, non ha potuto dare corso a tale disponibilità per lo smarrimento del terminale, come da denuncia presentata all’autorità giudiziaria nel medesimo giorno dell’audizione”.
Il Parma ha sempre sposato la linea della trasparenza nei confronti dei propri tifosi e della stampa locale, e allora perché ha omesso una particolare del genere? Perché?
Questi errori, seppur in buona fede, alimentano sempre le chiacchiere e i sospetti, non solo dei nemici (vedi il Palermo), ma anche in casa propria.

Come avevamo scritto giorni fa (leggi qui) le richieste della procura sembravano fuori da ogni logica, soprattutto se confrontate con sentenze passate su casi ben più gravi di Spezia-Parma. Eppure il tribunale ha accolto gran parte delle richieste dell’accusa, salvando la serie A ottenuta sul campo dal Parma. Una contentino che ha il spore della beffa e dell’umiliazione, perché macchia una cavalcata incredibile e una promozione storica.

Per ribaltare questa sentenza il Parma e Calaiò dovranno sicuramente rivedere la propria linea difensiva. Eliminando ogni sospetto, ogni indecisione. Il Parma, che sia chiaro, non merita alcun punto di penalizzazione. E chi si accontenta del -5 in serie A (e non in B) sbaglia di grosso. Questa sentenza, se dovesse essere confermata (o attenuata) nei successivi gradi di giudizio, sarebbe comunque un’altra macchia indelebile sulla storia secolare del club crociato.

 

 

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