“Barone del Calciomercato”, “Mr. Grandi Colpi” o semplicemente Wainer Guerreschi (nella foto con con il presidente Saccani e il mister Piccinini). Da decenni questo storico dirigente del Colorno allestisce squadre che tutti temono. Lo abbiamo disturbato mentre, in macchina, cercava di divincolarsi nel traffico di Roma. Lui, gentilissimo, ci ha parlato di calcio a 360 gradi: da Boninsegna al Norwich, dal rapporto con mister Piccinini alla mania per Zeman.
Qual è stato il suo colpaccio più grande?
Non ti parlerò di nessun acquisto, ma solo di giocatori che ho visto crescere. Dai tempi di Viadana, uno dei miei pupilli è Carlalberto Ludi, attualmente capitano del Novara. Un altro nome è quello di Emiliano Tarana, uno che in Serie A ha segnato una dozzina di gol. All’epoca, quello viadanese era un settore giovanile enorme: ricordo di quando c’erano montagne di accrediti da distribuire alle società di Serie A. Ora, più nessuno guarda più entro i confini nazionali: meglio strapagare giovani dall’estero perdendosi ciò che di buono hanno da offrire le categorie minori. A occhio e croce, comunque, mandammo una trentina di giocatori dall’allora Serie C in su.
E’ un’icona del calcio dilettantistico: ha mai avuto l’impressione di avere un carisma tale da attrarre giocatori nella sua società?
Icona? Io? Sono un pensionato appassionato di calcio, nulla più. Attualmente, mi sto godendo una settimana a Roma con mia figlia e a Colorno non mi vedono per un po’! (Ride, ndr). Il problema non è il trovare i giocatori, ma crescerli. Si è convinti di andare in Terza Categoria a trovare fenomeni, quando in realtà spesso in casa si hanno ottimi giocatori che hanno solo bisogno di tempo e spazio. Ovviamente, servono allenatori preparati, specialmente nel settore giovanile. Scoppio a ridere quando altri dirigenti mi dicono che gli allenatori dei ragazzi non dovrebbero essere pagati.
Un breve quadro sul settore giovanile?
Il settore giovanile, al suo undicesimo anno, sta portando risultati enormi: tanti ’98 hanno debuttato in prima squadra. Abbiamo 350 ragazzi nelle giovanili. Questa crescita verticale è avvenuta anche grazie al nostro main sponsor, Errea. Il nostro centro sportivo ha quattro campi, perché, per noi, le giovanili sono importanti come la prima squadra.
Avete recentemente ceduto Montali in Prima Categoria, al Borgo San Donnino. Come ci spiega la cessione del vostro bomber?
Luca è un amico. E’ un bomber nato, vive per il gol. Vorrebbe sempre giocare, al centro dell’attacco, per segnare il più possibile. Ma nel periodo di esplosione di Mastaj abbiamo dovuto privilegiare il giovane. Lui ha preferito, in quelli che comunque sono i suoi ultimi anni di carriera, andare a giocare altrove per avere maggiore continuità, e lo capisco. E’ uno che farebbe la differenza in Eccellenza ad occhi chiusi, ma ci siamo lasciati con una stretta di mano ed un sorriso.
Lo stesso Mastaj, classe ’98, è da poco stato in Inghilterra per un provino. Che ci dice di lui?
Mastaj, purtroppo, nel suo momento migliore, si è dovuto fermare per un accenno di pubalgia. Ha già segnato 9 gol (anche se i tabellini ufficiali dicono uno di meno) in Eccellenza, cifra pazzesca. Tra il provino di due settimane al Norwich, in Inghilterra, (società di Premier League che veste Errea) e rappresentative varie ha giocato molto. E’ naturale che il suo corpo chieda un periodo di riposo. La Juventus e il Sassuolo sono venuti a vederlo dal vivo, anche per alcuni allenamenti.
Come ci descrive uno dei suoi protetti, mister Piccinini?
E’ molto bravo. Ha vinto la Promozione con il Colorno, qui è uno di casa. Qualche anno fa, fu un mio giocatore e ho la massima stima di lui.
In precedenti interviste, definì Zeman “un riferimento”. Vuole un calcio zemaniano anche da Piccinini?
Per me, chiunque giochi sempre all’attacco è un’icona. I suoi limiti sono chiaramente nella fase difensiva e se in Italia non difendi è dura. Ma il calcio migliore in Italia l’ho visto giocare dalle sue squadre. Eppure, a tanti non è piaciuto: bisogna fare dei punti, dicono…
Un po’ sul personale: cosa l’ha portata da Gussola, nel cremonese, nel parmense?
Purtroppo problemi seri alle anche mi hanno fatto smettere di giocare al miglior sport del mondo. Dopo qualche anno, mi trovai sulla panchina del Gussola. Furono stagioni meravigliose, coronate da diverse vittorie di campionati. Fu così che mi chiamò il Colorno. Arrivai nel parmense portandomi dietro otto giocatori dalla Seconda Categoria: una perplessità enorme si trasformò presto in gioia quando andammo in Serie D. Se adesso dico che erano tutti ragazzi che lavoravano, facevano i turni la notte e cose così, non mi crede più nessuno… Da allora si è instaurata un’amicizia straordinaria tra me e i membri di questa società. Dopo alcune esperienze altrove, sono tornato qui ben volentieri. Nel mio ultimo campionato da allenatore qui a Colorno, arrivammo secondi dietro al Formigine, al termine di un’annata maledetta.
E quella volta che ha sfidato Piccinini quando lui allenava il Salso?
(Ride, ndr). Quel Colorno arrivò secondo in un campionato giocato da protagonisti. Ero già anzianotto, non riuscivo più a lavorare sul campo come volevo. Un bellissimo ricordo in ogni caso.
Vinse, quella stagione, il premio di allenatore dell’anno in Eccellenza con il Colorno. A premiarla c’era quel Roberto Boninsegna che allenò nel 1980. Si è chiuso un cerchio quel giorno?
Non so se possiamo realmente vederla così, ma ciò che di per certo ti posso dire è che tra me e Bonimba c’è un’amicizia concreta. Un giorno mi chiamò quasi chiedendomi di fargli da allenatore nel suo ultimo anno di carriera. Ovviamente accettai e lui venne a Viadana. Da lì, siamo rimasti in contatto e tuttora, non di rado, usciamo a cena con tanto di mogli. E’ una grande persona. Nel giorno della premiazione di cui hai parlato, lui venne dal mantovano. Pur venendo ripreso in diretta da alcune emittenti locali, in dialetto mi disse: “Beh Wainer, se alla tua età sei stato premiato, vuol dire che c’è poco in giro”. Grazie Roberto! (Ride, ndr).
Testo a cura di Michele Pelacci