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Calcio Dilettanti

Intervista ad Alberto Mantelli, ex difensore: Non temevo nessuno, nemmeno Ronaldo

Intervista ad Alberto Mantelli, ex difensore: Non temevo nessuno, nemmeno Ronaldo

à‚«Piuttosto di darti la mia maglia la brucioà‚». Nella collezione di 40 divise da gioco che Alberto Mantelli conserva a casa manca quella di Luiz Nazario da Lima, meglio noto come Ronaldo. Al termine di Inter-Cesena, "il Fenomeno" infatti si rifiutò di scambiarla con il roccioso difensore che lo aveva marcato durante l'incontro di Coppa Italia, vinto dai nerazzurri 1-0.

Quel roccioso difensore centrale (all’occorrenza terzino destro) che ora, a 38 anni, ricorda divertito l’episodio, una delle tante storie calcistiche vissute in 15 anni e oltre 400 partite da professionista tra B e C. Marcare Ronaldo è stato forse l’apice della carriera di Mantelli, sposato con Barbara dal 1993 e padre di Alessandro, 14 anni (pure lui atleta, ma giocatore di basket), impiegato nell’ufficio marketing della Comark e allenatore del Fidenza calcio nella vita. «Non ho mai guardato in faccia nessuno, nemmeno Ronaldo – ricorda Mantelli, a quel tempo, nel 1998/99 colonna del Cesena in B – Per noi giocare a San Siro era una festa. Il San Paolo è bello ma lì è un’altra cosa. In più con noi c’era Alessandro Bianchi, un mio caro amico tuttora e un grande ex a cui lo stadio fece un applauso da pelle d’oca. Insomma volevamo fare bella figura, e io dovevo marcare lui (lo fece anche bene visti i 6,5 nelle pagelle del giorno dopo ndr) che peraltro nei contrasti non si risparmiava. Alla fine però si arrabbiò e mi negò la maglia: poco male, mi sono “consolato” con quella di Pagliuca».

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Diverso fu il “trattamento” per Roberto Baggio qualche anno prima, quando Mantelli, tifoso juventino, si trovò di fronte Roberto Baggio: «Niente falli contro di lui, nutrivo troppo rispetto. E’ stata una grande emozione affrontarlo». L’unica “debolezza” in quindici anni di lotte e tacchetti incrociati con fior di campioni, tra cui Silenzi, Corradi, Hubner, Miccoli, Toni e Schwoch per citarne alcuni. Lotte sempre all’insegna del fair play, però, come precisa Mantelli: «Entravo duro sugli avversari, ma non ho mai fatto male a nessuno. Ero grintoso ma non cattivo – precisa, evidenziando di aver rimediato in carriera solo 4 espulsioni – La più ingiusta con il Cesena a Brescia, da Graziano Cesari. Punizione per noi a pochi minuti dalla fine: mentre stavo per battere mi disse di spostare indietro la palla e io lo feci, ma lui diceva di spostarla ancora indietro, così per ripicca la buttai fuori dalla linea laterale. Ero già ammonito, Cesari tirò fuori il secondo giallo e lasciai il campo. Non dopo avergliene dette quattro però. Per fortuna finì 1-1».

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La personalità non ha mai fatto difetto a Mantelli, un leader nato, fin dagli esordi con il Trento, dove è stato presto eletto capitano (mansione svolta di nuovo a Cesena). Una fascia che gli fu data dall’allenatore a cui si è mostrato maggiormente legato: Alberto Cavasin. «Abbiamo debuttato insieme, io da calciatore e lui da allenatore, a Trento. Ci siamo ritrovati a Cesena, in una situazione disperata, ultimi a 11 punti a fine girone di andata – spiega, ricordando un retroscena – Il giorno prima di firmare mi chiamo dicendo “con due matti come me e te ci salveremo”. Andò così». Riduttivo dire che Cesena sia la piazza a cui Mantelli è rimasto più legato. Merito di Cavasin, del campionato di C1 vinto nel 1997/98, ma soprattutto dello storico presidente Edmeo Lugaresi: “Un padre! Partito come barbiere, ha creato un impero. Era vulcanico, indimenticabili le sue “prediche” in dialetto romagnolo. Non capivamo niente di quel che diceva ma il messaggio arrivava”. Una piazza Cesena dove Mantelli ha fatto così bene da sfiorare la serie A, categoria solo “assaggiata” alcuni mesi (senza giocare) nel ’96 quando era nella rosa del Parma di Ancelotti: “Nell’estate del 1999 Cavasin mi voleva portare al Lecce – racconta con un pizzico di rammarico – Non so se ero da Serie A, ma mi sarebbe piaciuto provare. Purtroppo il ds Corvino preferì un giovane francese, tale Billy, che poi giocò poco e male. Forse sarebbe stato meglio puntare su di me».

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Trento: capitano a 20 anni

A Trento, in Serie C2, appena 20enne, Mantelli ha iniziato la sua carriera mostrando subito personalità da vendere. In Trentino, pur giovanissimo, ha avuto l’onore di indossare la fascia di capitano. “Un emozione indescrivibile, specie a quell’età” spiega l’ex difensore, che in Trentino, sotto la guida di Alberto Cavasin, ha giocato dal 1991 al 1993 la bellezza di 68 partite realizzando 7 gol, dei quali 4 su rigore.

A Modena i fischi dei tifosi

Modena e 1995/96 significano brutti ricordi per Mantelli. “I tifosi mi avevano preso in antipatia perché ero parmigiano e mi fischiavano – racconta, spiegando i motivi dell’astio – Una domenica ho segnato e per ripicca ho fatto loro un gestaccio. Apriti cielo. Un pomeriggio al parco con mia moglie e mio figlio alcuni tifosi mi videro e ci rincorsero. Siamo dovuti scappare, correndo per il centro con il passeggino”.

La “toccata e fuga” con Zeman

Una piazza lasciata per andare all’ambiziosa Salernitana, dove, al secondo anno Mantelli ha conosciuto Zdenek Zeman: “Con lui sono stato pochi mesi, senza giocare perché puntava sui giovani. I suoi allenamenti? Massacranti come dicono! Ti faceva correre fino a quando non ti reggevi più in piedi. Però massimo rispetto per lui, un tecnico di intelligenza superiore, un vero maestro di calcio”.

IL PRESENTE SUL RETTANGOLO

Scende ancora in campo con gli amatori

Alberto Mantelli non ha ancora appeso le scarpe al chiodo. L’ex professionista attualmente milita infatti nel Picardo e Savorè, campionato amatori Uisp, categoria Seniores. “Gioco un po’ più avanti rispetto alle mie origini, davanti alla difesa, in cabina di regia – spiega Mantelli – Però le “botte” ora raramente le do… Anzi, le prendo”.

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LA CARRIERA DI ALBERTO MANTELLI

Alberto Mantelli è nato a Parma il 5 ottobre 1971. Cresciuto nel Montebello prima di passare al settore giovanile del Parma, in carriera è stato un difensore centrale, all’occorrenza terzino destro. L’esordio tra i professionisti arriva nel Trento nella stagione 1991/92 in Serie C2, dove milita due stagioni. Nel 1993 il salto di categoria, in C1, dove il Parma, titolare del cartellino, lo presterà nei successivi 4 anni ad altrettante società, dove giocherà sempre da titolare: prima al Potenza, poi al Crevalcore, poi al Modena, e infine, nel 1996/97, dopo aver iniziato la stagione nella rosa di Ancelotti, alla Pistoiese. Nell’estate del 1997/98 Mantelli passa al Cesena, dove vincerà subito il campionato di C1 e resterà altri due anni e mezzo, i primi due in B e un altro mezzo ancora in C1, prima di ritrovare la categoria cadetta con la Salernitana. Il difensore parmigiano lascia Salerno nell’inverno del 2001, a 30 anni, e scende di nuovo in C: qualche mese alla Reggiana, poi due anni a Sora, in C1, poi un campionato di C2 a Ivrea e l’ultimo da professionista in C1 alla Massese. Nel 2006/07 la discesa nei dilettanti, a Fidenza, squadra dove ha giocato in D (solo una partita), e i due anni successivi in Eccellenza, dove Mantelli ha iniziato la carriera da allenatore nella squadra Juniores. Nel gennaio 2009, ancora tesserato come giocatore, dopo l’esonero di mister Franzini, passa dal “campo” alla panchina della prima squadra, che guida tuttora, sempre in Eccellenza, dove il Fidenza attualmente è secondo in classifica.

(L’articolo è tratto dal settimanale “Il Nuovo di Parma”, n. 2 del 4 marzo 2010)

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