Parma e il baseball, una lunga storia di successi tra i cui protagonisti c'è stato anche Roberto Bianchi. L'intervista
E’ privilegio di pochi essere indotti nella Hall of Fame. Lui lo è stato nel 2009, a Parma, città di una delle due squadre che ha contribuito a rendere grandi. Il numero 32 di Roberto Bianchi incuteva un certo timore in giocatori e tifosi avversari, mentre questi ultimi si gasavano quando vestiva i loro amati colori. “Whitey” è stato uno dei bomber per eccellenza del campionato italiano: 949 partite, 1307 valide (3° all time), 270 doppi (2° all time), 22 tripli, 1170 pbc (1° all time), 288 fuoricampo (1° all time), .730 slugging (1° all time), .384 mb (4° all time), 1238 ops (1° all time), 2 volte vincitore della Tripla Corona (leader in mb, pbc, hr). Dopo aver dato qualche dispiacere al Parma baseball nelle diverse stagioni trascorse con la casacca Fortitudo, Bianchi ne è stato uno dei grandi protagonisti dal 1993 al 1996 con due scudetti e 1 coppa dei campioni vinti. Uno di quelli che poteva stare ai piani alti delle Leghe Pro statunitensi ma i regolamenti federali un po’ assurdi di allora … «Per tenersi il posto di un buon giocatore in Nazionale, la federazione si tarpò le ali da sola. Quando andammo a fare delle partite dimostrative con la nazionale dopo i mondiali juniores del 1981 mi fecero un provino gli Orioles, andai bene mi proposero un sacco di soldi ma la federazione disse di no. Successivamente potevo firmare con gli Angels e con gli Indians, però come sai se firmavi un contratto Pro poi eri considerato straniero in Italia, per tre anni che poi aumentarono a cinque proprio nel mio periodo. Se consenti a un giocatore di poter arrivare a certi livelli in USA, io credo ne guadagni il movimento, fortunatamente ora è così».
Era il periodo, quello di Parma, in cui si faceva “la gara a chi la buttava più lontano” … «Ah beh quando arrivai quella era una squadra fortissima, coi vari Fochi, Ceccaroli, Carrozza, Rigoli e poi arrivò Pavlas; non dico imbattibile ma quasi. Effettivamente avevamo un line up nel quale dal primo all’ultimo erano in grado di “fare dei danni”; era difficile averne uno che potesse mettere così sotto pressione i lanciatori per tutta la partita».
Da Bologna a Parma, due squadre grandi rivali, passando per la “sua” Milano: Bianchi, in un modo o nell’altro, ha fatto sempre parlare di sé «Da Bologna venni via in malo modo. La società era in grosse difficoltà, con la vendita del cartellino risanarono i conti e incolparono me che volevo andar via. Non ho subito più di tanto questo passaggio, anche perché la Fortitudo poi ebbe in quegli anni un momento di “purgatorio”. La rivalità grossa la vissi quando giocavo là; erano partite che finivano spesso e volentieri col minimo scarto».
Prima che averle “compagne”, Bianchi dovette affrontarle mazze come quelle di Manzini e Fochi cercando di dare le giuste dritte ai propri lanciatori «Con Fochi cercavamo sempre di tenergli lontano la palla dalle mani, però era uno che poteva buttartela fuori sempre: cercavamo di giocarlo con slider esterno o cambio, anche con Manzini erano problemi grossi».
Con Parma, Bianchi ha avuto un legame profondo, si è immerso nella sua quotidianità: come non farlo con un’edicola? Senza dimenticare un aneddoto con un parmigiano illustre «Io mi sono trovato subito molto bene a Parma tanto che abbiamo deciso di stabilirci; in procinto di smettere l’attività agonistica ho acquisito un’edicola per poter vivere di lavoro. Era un po’ un punto di ritrovo il lunedì o il martedì per i tifosi, si commentavano le partite; l’ho vissuta bene, molto bene. Non dico che mi sento parmigiano se no magari i parmigiani si offendono, ma d’adozione sì; mia figlia è nata a Parma per cui ho un legame particolare con la città e mi sarebbe piaciuto continuare a viverci ma nella vita le cose spesso non vanno secondo i desideri. L’aneddoto? Ti riferisci alla “polemica” con l’allora presidente federale Notari immagino … Io purtroppo faccio fatica a tenere a freno la lingua quando vedo qualcosa che non va; io non esternai nei confronti della sua persona,dissi che la scelta della gara riservata agli under, lanciatore compreso, a mio avviso faceva affossare ancor di più uno sport che già cominciava un po’ a faticare. Lui replicò che sputavo nel piatto dove mangiavo. Il bello è che personalmente molti “tesserati” mi davano ragione … Non so come mai, ma il giornalista che mi diede la contro replica poi non scrisse più di baseball per un bel po’ sul quotidiano di Parma».
Roberto Bianchi ora gestisce un albergo a Sesto S.Giovanni e dà una mano come hitting coach, e ne ha ben donde, al Milano in Ibl2, dove incontrerà un’altra delle sue ex squadre, seppur in ambiti diversi, ovvero lo Junior Parma.