Tirare conclusioni dopo un debutto in gare ufficiali sarebbe davvero ingeneroso e poco sensato. La stagione è soltanto alle battute iniziali e il calcio d’agosto non è mai un termometro attendibile sullo stato di forma delle squadre. Certo che la partita di Coppa Italia tra Parma e Pisa, con l’addio anticipato dei ducali (per il secondo anno di fila), lascia irrisolte alcune questioni che già le prime amichevoli, unite alle trattative di un calciomercato mai decollato, non avevano soddisfatto.
La differenza sul piano atletico è stata il fattore principale che ha permesso al Pisa, già alla sua terza esibizione in Tim Cup, di avere più gamba e lucidità rispetto ai crociati. Le motivazioni e la voglia di continuare a stupire, poi, avranno spinto i nerazzurri sulle ali dell’entusiasmo, ma ciò non può bastare come giustificazione per colmare il gap tra una squadra di Serie C ed una di Serie A. Il Pisa è venuto al Tardini per giocarsela: dunque, onore a mister D’Angelo e ai suoi ragazzi che si sono meritati il passaggio del turno. Ma il Parma è stato grande assente per larghi tratti dei novanta minuti.
L’undici iniziale scelto da mister D’Aversa, costretto a proporre Gobbi come terzino destro (in assenza di mezzo reparto difensivo) e a dover fare a meno di molti altri giocatori chiave (Dezi, Munari, Ciciretti e – mettiamoci pure lui – Siligardi), ha dato prova di essere a tutti gli effetti un cantiere ancora aperto. Dal mercato ci si aspetta qualche inserimento nell’ultima settimana che resta di trattative. Vedendo la gara del “Tardini” di Coppa Italia si direbbe che urge un elemento a centrocampo che sappia dare un cambio di passo e, soprattutto, maggiore supporto negli inserimenti in zona offensiva. Caratteristiche queste nelle corde di Rigoni, ma l’ex Chievo e Genoa è apparso lento, statico e prevedibile. Un po’ come tutta la costruzione della manovra, anche perché in cabina di regia la stella di Stulac non ha brillato particolarmente.
Se il centrocampo non gira, di solito è difficile che la squadra riesca a fare una buona partita. In attacco non sono praticamente mai arrivati palloni giocabili a Ceravolo, sempre troppo lontano dalla porta avversaria: la “Belva” è stata messa in gabbia dal terzetto difensivo formato da Birindelli, dall’ex De Vitis e dal giovanissimo Brignani, già leader del reparto. Ma quel che più non ha funzionato sono state le corsie esterne, tant’è che D’Aversa in tutte e tre le sostituzioni è corso ai ripari per cercare nuove soluzioni: Dimarco andrà rivalutato in una difesa che non presenti ripieghi da ultimo minuto; rimandati Galano e Di Gaudio, partiti titolari e rilevati da Da Cruz e Baraye. E lo stesso Biabiany, inserito come quarto di destra nella linea di difesa, non è parso pronto per giocare più di un semplice spezzone di gara.
La reazione della squadra si è fatta attendere ed è arrivata, in parte, nei minuti finali. Baraye ha provato a darsi da fare e rendersi pericoloso. Ma, escluso un miracolo del portiere ospite Campani proprio sul senegalese, di giocate costruite e occasioni limpide neanche l’ombra.
La strada sarà lunga e in salita, ma all’orizzonte c’è già una prima tappa importante: il debutto in Serie A, domenica 19 agosto, contro l’Udinese, altra vittima illustre in questo indecifrabile calcio di fine estate.
(Foto by Parma Calcio 1913)