Intitolato a Nino Cavalli nel 1999, ha vissuto due Mondiali. Ora raggiunge il Lanfranchi nel mondo dei ricordi
Quante ne hai viste, mio caro diamante, e quante me ne hai fatte vedere! Un giorno chiesi a mio padre da dove venisse quella luce: è il campo da baseball, disse lui. Fu un richiamo, come un bengala lanciato da chi ha bisogno che qualcuno vada da lui. Quando pioveva, per andare alla partita mi regolavo così: luce accesa, giocano; e allora via. La prima, ero giovinetto, fu un Bernazzoli-Mobilcasa Firenze, era di pomeriggio, finita molto a poco per noi. Ero esaltato dal “bombardamento” dei nostri, da tutti quei punti segnati. Ad un certo punto me ne uscii con uno “Dai, fermatevi se no piangono”: già venivo su bene come tifoso…
A proposito di tifosi: che battaglie, nel vero senso della parola, quelle coi nettunesi! A fine anni ’70 e negli anni ’80 salivano in diverse decine ed erano veramente tosti. Allora gli stadi erano abbastanza pieni anche nelle partite del pomeriggio ed anche se si era all’inizio del campionato, loro avevano il loro “territorio” appena sopra il dug out di terza base (un tempo quello era riservato agli ospiti). Non si poteva parlare di arlìa, ma era vera e propria guerra verbale. Un pomeriggio le parole non bastarono più e ci fu uno sciame di lattine, vuote, piene, mezze piene, che volava dal primo al secondo “anello” e viceversa. Allora c’erano sempre due o tre carabinieri di guardia, anche quel giorno c’erano ma non intervennero, se non ad acque chetate.
E poi la gente seduta ovunque, persino sui pilastri, durante i mondiali del’78 e dell’88: se facevi cadere uno spillo, non avrebbe raggiunto terra. Che momenti! Che emozioni!
Dalle tribune al campo: col Parma Pan e con Paolo Castagnetti, che ancora giocava, tra gli allenatori, ma lì mi hai visto per poco tempo perché lo studio era andato in secondo piano e forse era meglio costruirsi un futuro con quello che non col baseball. Dal campo, di nuovo alle tribune con la radio, insieme ai vari Schiroli, Calestani, Pelosi, tutti, seppur in ambiti diversi, legati tuttora al batti e corri, anche femminile.
E’ un susseguirsi di flash come Sal Varriale esultante dopo il suo fuoricampo da due contro gli Haarlem Nicols che una volta arrivato a casa base salta addosso a Castelli e cadono, e Castelli si fa male ad un dito; Jim Abbott, il lanciatore Usa con un braccio monco ai mondiali ‘88 che poi andò in Mlb con gli Angels. Ed il compianto Bob Roman, uno che quando la prendeva bene, e non accadeva raramente, superava le piante. E poi i “paisà” che hanno aiutato i Castelli, i Corradi, i Manzini, i Mari, i Cattani, i Fochi a fare grande Parma: il grande Craig Gioia, Dan Miele, Dave Farina, Bob Ciccone,Tony Di Santo, Dave Gallino, il più grande interbase mai arrivato a Parma, Paul Gagliano, Art Fischetti. Ed ancora Ron Coffman, Jessie Baez, Randy Hunt, Tony Brown, Jack Lazorko, Wim Remmerswaal. Prima sua partita a Parma contro Bologna. Era aprile, cielo plumbeo, vento e un freddo barbino. Entro dall’allora vialetto proveniente dal circolo Aquila e mi supera uno in bicicletta, in sottomaglia, borsa sulla canna, lattina di birra in mano. Mancava meno di un’ora all’inizio della partita. Mi chiesi: beh, arriva adesso e così!? Lo tirarono giù dal monte dalla disperazione dopo due inning. Poi però … E come non ricordare il povero Foster, il giovane e corpulento afroamericano, purtroppo scomparso prematuramente, che, tra le altre cose, teneva puliti i seggiolini.
Negli ultimi tempi hai vissuto di ricordi; sarebbe stato bello rinverdire un po’ quei fasti. Pazienza.
La tua luce rischiarava una piccola porzione di cielo poco distante da casa, uno spicchio si stagliava su quella di fronte. Quando guarderò il cielo, domani, fra qualche mese, fra un anno, rimarrà un velo di nero in cielo (e nel mio cuore).
Te ne stai per andare ma … un diamante è per sempre.