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Sport, economia e futuro secondo il Presidente del Coni, Giovanni Malagò

Sport, economia e futuro secondo il Presidente del Coni, Giovanni Malagò

La "lectio magistralis" oggi pomeriggio presso il Dipartimento di Economia dell'Università  di Parma. «Chi investe nello sport non fa male», chiosa Malagò.

Più futuro con l’economia o con lo sport? Quanto l’uno ha bisogno dell’altra e viceversa? Di questo, e di altro, ha parlato questo pomeriggio il Presidente del CONI, Giovanni Malagò, nell’aula congressi del Dipartimento Economia dell’Università di Parma in una lectio magistralis moderata dal direttore del Guerin Sportivo, Matteo Marani, e organizzata in collaborazione con MasterSport.
Malagò, che si è definito “un volontario” non facendo parte “dell’apparato”, ha esordito dando maggior credito allo sport che all’economia. Secondo il neo Presidente del CONI lo sport può surrogare, in parte, le aziende anche in tempi di crisi. Sì è autocitato con l’esempio del “Circolo Canottieri Aniene” ricordando come dai 17 dipendenti del pre Malagò sia passato a dare lavoro a oltre 200 persone con politiche sociali, inteso anche come responsabilità sociale, e di marketing insieme: «C’è domanda di sport. Occorre creare appeal, bisogna andare incontro al mercato» ha affermato Malagò. Un argomento che si è legato a un successivo passo del suo intervento a proposito delle difficoltà delle scuole e delle relative palestre in molti casi da mettere a norma o da riqualificare. Il “gancio” è quello della scuola Azzarita di Roma ove «un preside illuminato» ha stretto un accordo con un investitore sportivo privato: intervento di ristrutturazione della palestra in cambio dell’utilizzazione della stessa come sede di una scuola dello sport una volta terminata l’attività scolastica. «Chi investe nello sport non fa male» è la chiosa, o lo slogan, del Presidente del Coni. Discorso complesso che chiamerebbe in causa anche progettualità, serietà, legislazione e fini personali ma servirebbe un pomeriggio intero.
Prendendo spunto da una domanda del direttore Marani sulle difficoltà del sud e su quelle di alcune enclavi sportive, Malagò ha asserito che: «Certi dirigenti, in epoca di vacche grasse, non hanno tesorizzato. Hanno preferito spendere cifre importanti per qualche giocatore e non sull’impiantistica o sul settore giovanile. Riguardo al sud, lo sport è la risonanza magnetica della situazione del contesto socio-economico».
Nel suo intervento, il Presidente del Coni si è soffermato a lungo su quella che è la sua idea di CONI del futuro e su come stia cercando di modificare alcune storture come la volontà di provare a far rivisitare la legge 91. CONI vuol dire Stato da cui percepisce 411 milioni di euro: «Chapeau a Giulio Onesti per aver, a suo tempo, salvato il Coni dalla chiusura, ma poi le società hanno capito che potevano loro direttamente raggranellare soldi grazie ai diritti tv: quello ha significato la fine del Totocalcio e l’inizio della questua allo Stato. La mia mission, molto dura lo ammetto in soli otto anni di mandato, se mi vorranno rivotare, è quella di divenire indipendenti. Intanto qualche altro ricavo in aggiunta alla sovvenzione statale è già arrivato». Dici sport ed economia e non puoi esimerti dal parlare di marketing. Il logo del CONI non piace per nulla a Malagò: «Dobbiamo vendere il marchio: non tutti capiscono cos’è e si perde un po’ l’italianità cromaticamente parlando. Ho chiesto ad Armani a Ferrero e ad altre importanti realtà se loro investirebbero in un marchio così e mi hanno risposto di no». Malagò sogna l’apertura di punti vendita Coni con un marchio rivisitato e con un tricolore ben evidente.
Sport ed economia non possono prescindere dalla comunicazione: comunicare vuol dire esistere, essere percepiti e far sì di esserlo in un certo modo. Ecco perché, parlando di “sport, economia e futuro” non si può prescindere dal “vendere il proprio prodotto” (come può essere un settore giovanile).
Il discorso è poi scivolato, inevitabilmente, sul lato prettamente sportivo e dei rapporti con le federazioni (per le quali è in atto una “consulta” sulla redistribuzione dei contributi). Sul primo punto, Malagò è stato chiaro: «Non si misura l’efficienza sportiva di una Nazione con il numero di medaglie olimpiche vinte perché la maggior parte sono “individuali”: un fuoriclasse o merito di un allenatore e/o dei genitori. Non è un merito essere tra le prime dieci nazioni al mondo, deve essere normale per noi; chi abbiamo dietro? L’Ucraina, il Kazakhstan … ». E “deo gratias” che ci sono i corpi militari a supportare il professionismo, come ha sottolineato un fresco laureato dell’Ateneo cittadino nel porre una considerazione al riguardo.
Scuola e socialità, quindi. Scuola con le eventuali interazioni col privato come riportato sopra (Malagò ha annunciato un impegno da 150 milioni di euro di Lottomatica per i plessi scolastici), socialità nel fare aumentare la pratica sportiva (il 40% circa degli italiani è sedentario) che si tradurrebbe in un risparmio economico in ambito sanitario e dunque a vantaggio dello stesso singolo e della collettività.
Ma anche cultura sportiva, annosa questione dell’italico popolo. «Educare l’opinione pubblica: se non l’hanno fatto i nostri genitori dobbiamo farlo noi. E non è solo questione di razzismo, ma di rispetto delle regole, penso al doping o alle scommesse».

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