Dal veneto arrivano notizie che, riprendendo voci per la verità mai sopite negli ultimi anni, possono seriamente scuotere i tifosi di rugby nostrani: le Zebre potrebbero lasciare la città e, a detta degli osservatori più attenti alle evoluzioni della palla ovale italiana, non sarebbe più una remota ipotesi.
In un articolo intitolato “Zebre Rugby via da Parma, arriva il bando della Fir. Il ruolo di Petrarca e Rovigo, i riflessi su Treviso“ pubblicato su Il Gazzettino a firma del sempre puntuale Ivan Malfatto, si afferma che la Federazione Italiana Rugby discuterà, nel consiglio federale del 16 novembre a Genova, di un nuovo bando (o più probabilmente di un invito) per raccogliere l’interesse di privati disposti a investire nella franchigia ora con sede nella nostra città, affidandole una gestione indipendente. Questo potrebbe significare che le Zebre, attualmente gestite al 100% dalla federazione, potrebbero lasciare Parma se non si dovessero trovare nella nostra città chi fosse disposto a farsene carico.
Il progetto di privatizzazione della squadra, sostenuto dal presidente FIR Andrea Duodo, è motivato dai costi elevati di gestione che la federazione attualmente affronta per mantenere le Zebre, pari a circa 6,5 milioni di euro annui. Sebbene Parma abbia ospitato la squadra per 12 anni e messo a disposizione la cittadella del rugby, nell’articolo si sottolinea come la partecipazione del pubblico sia spesso stata al di sotto delle aspettative, con uno scarso afflusso al Lanfranchi, anche dopo successi importanti come la recente vittoria contro il Munster. Per alcuni, questa scarsa partecipazione potrebbe essere uno dei motivi principali che spingono la federazione a valutare altre opzioni.
Un amore sbocciato solo in parte
Se le Zebre dovessero lasciare Parma, per i tifosi sarebbe una perdita significativa: la città perderebbe l’unica franchigia di rugby di alto livello e con visibilità a livello internazionale, nonostante tutte le attività e il coinvolgimento che la squadra ha portato nel territorio. Alcuni appassionati temono che il trasferimento possa togliere ulteriore slancio alla promozione del rugby nella zona. Certo, i non più giovani ricordano il vecchio Lanfranchi pieno in occasione dei derby tra Rugby Parma e Gran e va detto ad esempio che la passione per la palla ovale in provincia non è mai stata in discussione grazie, tra gli altri, all’impegno di Colorno e Noceto.
Tuttavia la scintilla con le Zebre non è mai scattata fino in fondo e ci sarebbe da chiedersi perché, dato che gli sforzi in ambito comunicazione non sono mai mancati. La “storia” del club sicuramente ha pesato, l’altra franchigia, quella del Treviso, ha potuto fin dall’inizio contare su una riconoscibilità netta a livello territoriale, indipendentemete dal campionato giocato. E la società era da sempre favorevole alla “Celtic League”. Il passaggio quindi è stato sicuramente meno “avventuroso”.
Qui invece, prima con una denominazione legata ad un più ampio “nord-ovest” e poi di recente con un più efficace affiancamento a Parma si è forse perso tempo prezioso. Ed è un peccato, perché in tribuna non si fatica a vedere bimbi con gli occhi spalancati di fronte ai beniamini locali e agli ospiti provenienti da mezzo mondo. Un peccato anche a livello delle imprese, dato che i prodotti di respiro internazionale che si potrebbero veicolare attraverso la franchigia ci sono. Difficile comunque la competizione con il veneto, dove il rugby è un modo di vivere e che pare si stia organizzando adeguatamente per accogliere la nuova realtà.
La soluzione potrebbe essere sempre in Veneto
Per ora infatti, stando all’articolo di Malfatto, sembra che le alternative principali sul piatto siano Padova e, in parte, Rovigo. Padova, con la proposta della franchigia “Dogi” che unirebbe vari club veneti, rappresenta una possibile soluzione che potrebbe attrarre un maggior numero di tifosi, sfruttando un bacino d’utenza più ampio e il supporto di sponsor privati. Rovigo, con il suo stadio “Battaglini”, potrebbe invece fornire un’opzione di sostegno territoriale, sebbene la scelta ideale per la FIR sembri sempre più orientata verso una squadra interamente privata e territorialmente “veneta”. In questo caso bisognerà vedere, conoscendo le rispettive tifoserie, se queste potranno mai andare d’accordo e come una franchigia potrebbe integrarsi con le amatissime società delle due città.
Infine, ma questa è pura speculazione “geografica” e non supportata da proposte concrete, per la federazione avrebbe senso, probabilmente non guardando al lato economico che al momento pare avere un peso determinante, una franchigia al centro-sud (vedi Roma) per bilanciare un rugby che al momento parla solo dialetti “nordici” nonostante da sempre la Nazionale maggiore abbia un seguito su tutto il territorio.
In ogni caso per Parma e i suoi tifosi, la perdita della franchigia segnerebbe la fine di un capitolo importante e un vero e proprio “spreco” del lavoro fatto finora. Anche se il pubblico non è sempre stato numeroso come da aspettative, il campionato URC (e le precedenti competizioni internazionali) hanno rappresentato un’opportunità unica per promuovere il rugby a livello professionistico e mantenere in città l’altissimo livello. A questo punto non resta che attendere il 16 novembre per capire come intenderà muoversi la federazione, non sia mai che nel frattempo spunti un “cavaliere bianco” per tenere le Zebre a Parma e far crescere un progetto dalle grandi potenzialità.