Lontano dalle fatiche del campionato, tra infortuni e lotta salvezza, si sta giocando un’altra partita delicata, è quella sul futuro della società del Parma Calcio 1913. Su questo fronte, negli ultimi giorni, c’è da registrare un’impennata di voci e indiscrezioni giornalistiche che, con cadenza (quasi) giornaliera, accostano al Parma i nomi di possibili acquirenti.
Non è una novità che Nuovo Inizio (i 7 soci parmigiani), attraverso il lavoro internazionale di un advisor finanziario, stia cercando un socio di maggioranza affidabile e serio, che possa garantire al club un futuro roseo. Anche se prima c’è da sciogliere il nodo Lizhang: l’ex presidente cinese, attualmente socio di minoranza con il 30%, non intende mollare la presa e salvo accordi dell’ultima ora, cioè una “buonuscita”, bisognerà aspettare il verdetto della Camera Arbitrale di Milano prima di pianificare il futuro.
Intanto, come dicevo in apertura, su quotidiani e siti internet specializzati cominciano a circolare voci e indiscrezioni, in molti casi difficilmente verificabili, anche se la redazione di Sportparma ha provato a scovare qualche particolare in più, senza però trovare conferme dirette.
In ogni caso si parla di fondi di investimento esteri: pane quotidiano per il calcio moderno, con tutti i rischi e le conseguenze del caso. Insomma, soldi e speculazioni: solo in rari casi si può parlare di vera passione sportiva.
Aquilor Capital e Usa York Capital Management. Sono questi due i fondi di investimento accostati al Parma. Il primo a lanciare l’indiscrezione è stato il quotidiano “Il Secolo XIX”. Il primo fondo è guidato dall’ex calciatore croato Marko Soldo, il secondo dall’uomo d’affari americano James Dinan. Hanno sedi in tutto il mondo: Ginevra, Dubai, Londra, Melbourne, New York. Società che movimentano ingenti capitali. Entrambi hanno o stanno trattando l’acquisizione di Sampdoria e/o Palermo (due società ufficialmente in vendita). La certezza è che “vogliono un club italiano”, possibilmente in serie A. Voci e niente più. Per ora. Sempre che il presidente Pizzarotti e i suoi soci non decidano di andare avanti con le proprie forze, in assenza di adeguate garanzie, americane, arabe, inglesi o cinesi che siano.