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Lallenatore del Parma Calcio Fabio Pecchia il direttore sportivo Mauro Pederzoli e lex leggenda gialloblu Fabio Cannavaro a Palazzo Soragna al convegno Competenze nel mondo dello sport europeo

Parma Calcio

“Le competenze nello sport europeo”: le parole di Ancelotti, Cannavaro, Pecchia e Pederzoli

Foto: Parma Calcio 1913

“Le competenze nello sport europeo”: le parole di Ancelotti, Cannavaro, Pecchia e Pederzoli

PARMA – Si è tenuta oggi a Palazzo Soragna il convegno “Le competenze nel mondo dello sport europeo”, simposio organizzato dalla Fondazione Collegio Europeo di Parma, con il patrocinio – tra gli altri – dell’Università di Parma.

A supporto, come testimonials del convegno, figure di spicco dello sport parmense attuale e del recente passato: ad aprire l’evento è stato l’intervento, in streaming da Madrid, di Carlo Ancellotti, seguito poi dall’opinione dell’ex capitano gialloblu Fabio Cannavaro, passando per l’allenatore attuale Fabio Pecchia, in chiusura il direttore sportivo del Parma Mauro Pederzoli.

«Ai tempi del mio ingresso nel mondo dello sport, 30 anni fa – dice Stefano Bastianon, docente di Diritto dell’Unione Europea all’Università di Bergamo e arbitro del Tribunale arbitrale dello sport di Losanna – non si sarebbe ricorso ai termini né competenza né europeo a proposito dello sport». Tema centrale dell’evento è stato quanto il mondo dello sport, con riferimento in particolare al calcio, sia cambiato e quanto abbia dovuto adattarsi alle mutazioni imposte dall’ambiente. Cambiamento e adattamento sono solo due delle parole chiave del discorso odierno, insieme a queste gli illustri testimonials hanno più volte citato quanto il valore, il rispetto e il sacrificio occorrano per raggiungere determinati obiettivi.

Nel discorso di Fabio Pecchia, in più hanno fatto capolino le parole multiculturalità (che non deve spaventare) e fiducia: «Alleno un team in cui sono solo 4 i ragazzi italiani, per il resto sono rappresentate 14 nazionalità differenti. Nella mia carriera ho avuto esperienze in Italia, Spagna, Inghilterra e perfino in Giappone; ma posso garantirvi che l’unica parola che tutti i ragazzi mi hanno richiesto è sempre stata la stessa: fiducia» chiosa l’allenatore del Parma.
Nel suo discorso Carlo Ancellotti, fresco di laurea honoris causa presso l’Ateneo della nostra città (clicca qui), dopo aver sottolineato l’importanza dello sport come grandissima scuola di vita, esordisce: «Soprattutto è importante adattarsi ai cambiamenti che qualsiasi attività ha, perché il mondo cambia e cambia la nostra maniera di lavorare e di gestire i cambiamenti. Sicuramente il sacrificio è importante, senza non si ottiene nessun risultato. È importante l’equilibrio per poter gestire le situazioni. Importante è il rispetto della persona, e su questo ci si può adattare alle differenze di cultura davanti alle quali ci si può trovare. Il mondo si è globalizzato, quindi abbiamo a che fare con persone – e ripete – persone diverse anche per cultura, religione e tradizione. Questo è un aspetto importante in un gruppo di lavoro per ottenere il successo, far sì che questa relazione porti a una maturazione collettiva in un gruppo forte». Chiosa per i giovani, con la quale Ancelotti saluta: «Consiglio ai giovani di fare sport perché è importante non solo a livello professionistico, ma perché fa bene e perché ti fa andare avanti giorno per giorno contro i tuoi limiti: fisici e mentali».

Giovani che sono al centro delle attenzioni di Fabio Cannavaro, che insieme ai fratelli e Ciro Ferrara si può vantare della Fondazione Cannavaro Ferrara che “opera per contribuire a contrastare le diverse forme di disagio infantile e giovanile della città e della provincia di Napoli” e a giudicare dai risultati (sono più di 13.000 i bambini aiutati dalla fondazione), il successo del capitano azzurro di Germania 2006 prosegue anche fuori dal campo. Parola d’ordine, nel discorso dell’ex difensore, è sacrificio: «Mi sono sempre chiesto: a cosa sono disposto a rinunciare per arrivare? Il calcio è lo sport che più di tutti sembra quello che ti richiede meno sacrifici, soprattutto in relazione a quanto guadagni, ma non è così. Innanzitutto perché chi è stato calciatore, come me e Pecchia, sa quanti sacrifici si debbano fare. Poi sottolineo che solo il 3% dei calciatori professionisti riesce a vivere “di rendita” dopo la fine della carriera, bisogna avere un’ attenta gestione. La figura più importante nella gestione del mio percorso da giovane calciatore ha appena parlato: arrivato giovanissimo a Parma da Napoli, Carlo Ancellotti è stato una figura fondamentale. Una volta gli allenatori dovevano fare tutto: allenatori, psicologi, padri. Ora le società sono più strutturate».

«Vi garantisco che il Parma è un club di grande spessore», così Fabio Pecchia si riallaccia a quanto appena detto da Cannavaro, a proposito del personale e della qualità umana in seno alla società gialloblu. Ma il manifesto dell’avvocato Pecchia («Quando giocavo alla Sampdoria e stavo ancora studiando diritto romano, Boskov già mi chiamava avvocato», scherza il 50enne allenatore) sta nelle seguenti parole: «Studio e sport è un binomio assolutamente possibile e vincente, sono due strade che si possono percorrere assieme a qualunque livello: visione, volontà, obiettivi. Anzi, devono andare a braccetto e io spingo fortemente questa cosa. A me è servito anche nella mia carriera da giocatore e questo è il mio consiglio per i giovani: anche nella gestione momenti più complicati della mia carriera di Serie A, a Soccavo, ad esempio, mi rifugiavo nello studio, nella mia stanzetta. Poi, quando me ne andavo sul campo per allenarmi, l’approccio era come quello di un bambino, con uno stimolo e una leggerezza tali da permettermi di portare avanti queste due cose. Penso sia talmente importante creare un rapporto leale per vincere che addirittura nella mia tesi a Coverciano non ho portato il 4-3-3 o tattiche varia, ma verteva sulla comunicazione al centro del progetto e sulle persone, sul rispetto. Ai miei ragazzi cerchiamo di creare intorno un ambiente di fiducia, un ambiente dove possono sentirsi sicuro e progredire».

Ultimo, ma non ultimo, Mauro Pederzoli. Visto il ruolo, al direttore sportivo crociato viene chiesto quanto la competenza incida come fattore nelle scelte di selezione di calciatori e personale: «Molto poco, se non supportata da passione e capacità di adattamento. Nel calcio, come nella vita, esce esattamente chi siamo. Importante dunque è anche la capacità di sapersi adattare a sensibilità diverse. Oggi è importante la capacità di adattarsi, di gestire il cambiamento, un mondo che cambia e un calcio sempre più multiculturale e più aperto verso il mondo. Queste competenze diventeranno sempre più importanti nel mondo del calcio. Chiaro che rimane importante anche il rispetto delle regole, intesi come valori etici, morali e comportamentali. Cosa serve dunque per fare il calciatore? La ricetta perfetta non c’è, ma diciamo che il punto di partenza rimane saper giocare bene a calcio».

Volendo sintetizzare, quel vento di cambiamento che si avverte nel mondo sportivo, non è poi così dissimile rispetto a quanto stiamo assistendo anche negli altri ambiti di vita. Pare che il tempo in cui viviamo abbia deciso di cambiare marcia, per ingranare quelle più alte: Ancelotti, Cannavaro, Pecchia, Pederzoli ci dicono che la chiave del successo, oltre al sempiterno sacrificio (diceva Agassi, nella sua biografia Open, che: «la disciplina batte il talento»), è la capacità di adattarsi al cambiamento – come peraltro un certo signor Darwin, più di 160 anni fa. Sembra calcio, ma è sociologia. Dunque, per concludere si può ricorrere alle parole di un discreto personaggio e comunicatore della storia del calcio recente «Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio». Parola di José Mourinho.

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