Davvero c’è bisogno di tutto questo calciomercato? Ricordo alla fine degli anni ’70 e negli anni ’80 che il calciomercato era qualcosa di limitato nel tempo. Esisteva una fase fino al 6/7 luglio e una fase, detta di riparazione, relegata all’ultima settimana di ottobre e alla prima di novembre. Le squadre venivano costruite subito e andavano in ritiro. Poi ad agosto c’era una bellissima Coppa Italia a gironi e il campionato iniziava a settembre.
Gli acquisti erano limitati a pochi calciatori per squadra e anche l’album Panini, il quale usciva pochi giorni prima di Natale, era sempre aggiornato, senza bisogno di fogli aggiuntivi.
Non esisteva la figura dell’esperto di mercato che oggi spesso ingigantisce o inventa notizie, necessarie a fare parlare i tifosi e vendere copie e abbonamenti. Mi pare che il sistema calcio italiano andasse meglio di oggi: i debiti esistevano già, ma i proprietari dei club erano italiani appassionati del calcio e appartenenti al club e al territorio capaci di alimentare sogni di gloria.
Ricordo una delle ultime, se non l’ultima intervista del presidente Ceresini, nei giorni antecedenti il Natale 1989, in cui pieno di orgoglio diceva: “Non posso più nascondermi, quest’anno possiamo andare in serie A”. Lo diceva con un piglio e un’emozione che il presidente attuale del Parma non riesce ad avere e trasmettere alla gente. Kyle Krause utilizza solo frasi fatte adattate alle singole circostanze, perché per lui il Parma calcio è soprattutto un business.
Non dico che si debba tornare indietro, ma non è nemmeno possibile avere quattro mesi di calciomercato all’anno. Oltretutto questo “mercato” produce indagini per riciclaggio di denaro, indagini per plusvalenze fittizie e un disamoramento dei tifosi. I nuovi giovani praticano e seguono sempre meno il calcio. Recenti studi hanno evidenziato che solo il 27% della popolazione in età compresa tra i 18 e i 45 anni pratica sport e solo l’ 8 % dei giovani compresi tra i 17 e i 24 anni lo segue dal vivo. Attenzione si parla di sport in generale; i numeri del calcio si inseriscono in queste cifre già di per sé sconfortanti.
Del resto anche i Boys 1977 (storico gruppo ultras) hanno problemi, di ricambio e crescita generazionali.
Forse occorre cambiare qualcosa nel sistema, ricondurre il calcio all’interno del concetto di sport (anche privilegiato per gli interessi economici mossi), in modo da cacciare i mercanti (italiani e stranieri) fuori dal tempio. Cominciare col ridurre le finestre di mercato, utili solo a scambiare figurine, senza generare vera ricchezza ai club e attaccamento del calciatore a una maglia, potrebbe essere utile per tornare a un calcio sostenibile e in grado di riportare pubblico allo stadio e alla pratica dello stesso.
Cosa importa se Man va o resta, se Inglese risolve il contratto o Hernani e Pezzella rimangono. Importante è che rimanga il Parma e che non venga utilizzato da nessuno per fini estranei al calcio; sia ben chiaro che, onde evitare polemiche, non si sta dicendo che il Parma viene utilizzato per fini estranei al calcio.
Aspettiamo la fine del mercato, evitiamo di lacerarci il cervello stando dietro alle parole dei guru che vivono dei nostri clic sui siti e cerchiamo di tornare a sentire la squadra della nostra città come una seconda pelle, un’appartenenza al territorio e un orgoglio di cui vantarsi, anche se si gioca la serie B senza vincerla.
Andiamo a seguire gli allenamenti e andiamo a vedere la partita, perché in fondo non è importante chi scende in campo se dimostrerà voglia di vincere e onorare col proprio impegno la città e la maglia che rappresenta.
Ger.Mal.