Più di una semplice partita di calcio. Il giorno dell'esordio di Filippo Savi con la maglia dei Crociati Noceto si avvicina …
… e quella non sarà di certo una domenica qualsiasi per il centrocampista 24enne di Sala Baganza, che torna, nella seconda squadra cittadina, ad assaporare il calcio giocato dopo quasi due anni di assenza forzata e quattro operazioni al ginocchio alle spalle. Era una grande promessa Pippo, forse il miglior prospetto di un settore giovanile del Parma che ha prodotto gente come Giuseppe Rossi, Marco Rossi, Cigarini e Dessena, invece in questi anni ha dovuto guardar giocare gli altri, ma lui non ci vuole pensare troppo. Mai come nel suo caso infatti si può dire che il calcio sia una “passione”. Poco importa se l’avversario è il Milan di Kakà, con il quale incrociò i tacchetti nell’aprile del 2005, quando Gedeone Carmignani lo fece esordire in Serie A ad appena 18 anni, o squadre che lottano per restare nei professionisti come Fano o Bellaria. L’importante è tornare a giocare a calcio, come ha confermato lui stesso, che sabato 29 gennaio, giorno del suo compleanno ha avuto dai Crociati e dal Parma il più bel regalo possibile: tornare ad essere un calciatore.
Poco meno di un anno fa dovevi passare al Carpenedolo, poi è arrivata la quarta operazione: come stai ora?
“Ricordo bene. Era già fatta con il Carpenedolo, ma poi mi sono dovuto operare ancora. E’ stato brutto, ho pensato anche di smettere, ma poi ho voluto riprovarci. Non solo per il calcio, ma per vivere normalmente. Ora sto bene, come può stare un ragazzo reduce da tre allenamenti dopo oltre un anno e mezzo. Mi sto curando, sto lavorando e facendo sacrifici per poter ricominciare a fare la cosa che so far meglio: giocare a calcio».
L’ultima partita ufficiale è stata con la Spal in C1. Te la ricordi?
«Certo, era il 18 maggio 2009, l’ultima di campionato con il Pergocrema che vincemmo 2-1. A Ferrara ho giocato una buona stagione e sono stato felice di tornare al Parma. Con Guidolin ho fatto la preparazione e giocato un test con il Sudtirol prima di fare la pulizia alla cartilagine. E da lì è ricominciato il calvario».
E in questi ultimi due anni cos’hai provato a stare ai “box”?
«L’ho vissuta ovviamente male da calciatore, ma sono stato fortunato a trovare al Parma gente che mi vuole bene e mi sta aiutando tuttora. Ogni giorno, prima di andarmi ad allenare con i Crociati, vado a fare palestra e laser a Collecchio. Il mio contratto scade a luglio 2012, e spero di poter rendere felici dirigenti, tecnici, ex compagni e staff medico, perché l’affetto che mi stanno dimostrato è sinceramente ricambiato».
Tu sei molto legato anche alla famiglia e agli amici di sempre cresciuti con te a Sala Baganza. Quanto sono importanti?
«Se ci riprovo lo faccio anche, anzi soprattutto, per loro. La presenza dei miei amici, dei miei cari è stata ed è fondamentale. Ogni giorno».
Come affronti questa avventura in prestito a Noceto?
“Con molta serenità. Vivo alla giornata, senza illudermi troppo. Vorrei non sentire più male al ginocchio la mattina quando mi alzo e poter giocare qualche partita. Il mio obiettivo è questo: tornare a giocare a calcio, senza pensare ai soldi o alla categoria».
Ricordi la maglietta “Pippo uno di noi” che ti dedicarono i compagni del Parma?
«Certo, l’ho incorniciata e appesa in camera! Sono ragazzi straordinari».
Talento nel calcio ma anche fuori. Il fatto di esserti diplomato con il massimo dei voti cosa vuol dire per te?
«Ho sempre tenuto agli studi, e avessi il tempo tornerei anche all’università. Ora guardo al presente e alla mia passione, ma in un futuro non escludo di riprendere in mano i libri».
Alla luce di tutti questi discorsi un’ultima scontata domanda: che cosa rappresenta per te il calcio e cosa ti ha insegnato?
«Ogni giorno mi avvicina qualcuno e mi dice “quanto sei stato sfortunato”. E’ vero, però non credo di essere stato tanto sfortunato, in fin dei conti.
Ho giocato in Serie A e nelle coppe europee, ho indossato la fascia di capitano del Parma, affrontato grandi campioni e fatto splendide esperienze. Anche i guai fisici mi hanno migliorato, sono diventato più uomo. A 24 anni poi che posso dire? Il calcio mi ha insegnato e mi sta insegnando tante cose importanti anche nella vita, come vivere in gruppo e non cedere alle difficoltà. Nella vita non si deve mai mollare».