C'erano i gemelli Franco e Mariano Boccarossa, di nascita argentina ma con sangue pesarese. In famiglia altri due fratelli: Filippo, nato in Italia, e Luca che ha dovuto smettere poco meno di un anno fa a causa della leucemia.
Il Camp: un modo per stare insieme, per fare conoscenze, per accrescere il proprio bagaglio sportivo e culturale, per stare a contatto con figure di rilievo di quello sport che si pratica a livello giovanile. Il Diego Dominguez Rugby Camp risponde a tutto ciò e quest’anno è giunto alla quarta edizione, chiusasi sabato scorso a Roma dopo la tappa sarda. A parteciparvi, su “inviti” degli sponsor del Camp, tra cui Cariparma, che ai ragazzi ne pagano la settimana di permanenza, decine di ragazzi dai 12 ai 15 anni. «La nostra Banca» afferma Franco Duc Resp. Dir. Comunicazione di Cariparma «specie nelle realtà territoriali di riferimento, è in prima linea nel sostenere lo sport a livello giovanile. Questa iniziativa, che vede i giovani impegnati a divertirsi con il rugby, è certamente per loro un’esperienza formativa che merita di crescere anche in futuro. Credo che potersi confrontare con campioni del calibro di Dominguez, dei fratelli Bergamasco, di Ghiraldini serva non soltanto per imparare un po’ i segreti di questo sport ma sia anche un’occasione, per i giovani coinvolti, di insegnamento di cui far tesoro nel percorso di crescita».
Tra quei giovani vi erano anche due fratelli gemelli che militano nell’Amatori: Franco e Mariano Boccarossa (12 anni ad agosto). Sono nati in Argentina come i genitori ma hanno sangue pesarese da parte di padre, Fabricio, che decise di cercare miglior fortuna in Italia nel 2000 a seguito della grave crisi argentina.
Tramite il concorso della Conad era stata vinta una partecipazione per cui si doveva scegliere tra uno dei due. Vai tu, no vai tu, l’allenatore Signorini che prospetta il lancio della monetina poi la scelta cade su Franco. Successivamente il sig. Boccarossa decide di partecipare anche al concorso dell’AIR (Associazione Italiana Rugbysti) e cosa ti succede? Tra le centinaia di mail viene sorteggiato il suo nome e dunque ecco che Mariano può raggiungere il gemello «Per me è un segno del destino» afferma papà Fabricio.
Va da sé che i due fratelli «Sono molto entusiasti di ciò che hanno imparato e vissuto. La disciplina e la capacità di insegnamento di Dominguez e dei suoi collaboratori hanno trasmesso in loro tanta voglia di migliorarsi, di andare avanti».
A rugby hanno cominciato a giocare nel 2006: il padre gli fece vedere in tv Italia-Argentina, test match di Roma, e poi chiese loro se gli piaceva questo sport; evidentemente … Prima Reggio, poi Pesaro causa trasferimento, dal 2009 Amatori. Perché proprio il rugby, lui che fino a 20 anni in Argentina giocò a calcio? «Per la passione che trasmette, perché è un gioco di lealtà, per i suoi principi» ammette papà Boccarossa. Ma in famiglia, si tifa Azzurri o Pumas? «Beh, io tifo Pumas» ammette sorridendo Fabricio «però ai miei figli ho detto che loro ora sono italiani per cui è giusto che tifino Italia anche perché se per caso in futuro avranno delle possibilità di giocare in una nazionale, quella sarà l’italiana».
Ma la famiglia Boccarossa, che risiede a Quattro Castella, non è tutta qui: vi sono altri due fratelli: il più piccolo, Filippo, è l’unico nato in Italia e pure lui comincerà a giocare a rugby da questa stagione, poi c’è Luca, 10 anni (nella Image Gallery). Lui però il rugby non lo pratica più, almeno momentaneamente. Nel settembre scorso gli è stata diagnosticata la leucemia e la sua lotta per ora non è sul campo ma si divide tra casa ed il reparto di Oncologia Pediatrica dell’Ospedale Maggiore, oggetto di annuali atti di beneficienza da parte del gruppo Gran-Amatori.
In lui è più che mai vivo il senso dello sport e del lottare per andare avanti e raggiungere la meta: quando infatti i fratelli mostrano un po’ di “sofferenza” per andare all’allenamento è proprio lui a spronarli «Luca gli fa notare che loro che possono devono andarci e che se ci fosse lui al loro posto non avrebbe esitazioni» confida il padre che da allora è in aspettativa, mentre la madre ha necessariamente dovuto lasciare il proprio di lavoro.
Luca sembra rispondere abbastanza bene alle cure anche se i medici non si sbilanciano più di tanto: che il lento avanzamento possa portarlo a lasciarsi alle spalle la H di ospedale per vedere definitivamente quella del campo da rugby e segnare così la meta più bella della sua vita, grazie al sostegno di tutti.