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Parma Calcio

Parma, stati confusionali perenni

Parma, stati confusionali perenni

I fischi, la rabbia, le scuse sotto la curva nord, la confusione nelle scelte di formazione, le sostituzioni incomprensibili del secondo tempo, i pali, le traverse e quel senso di impotenza che spinge il Parma sull’orlo di un precipizio.

La sconfitta contro l’Ascoli, la quinta tra le mura del Tardini, è un film già visto troppe volte nelle ultime due stagioni. Una ripetizione noiosa e avvilente di una serie di problemi, errori clamorosi e presunzioni dirigenziali che stanno umiliando e mortificando la storia secolare di un club e dei suoi tifosi.
Uno scempio perpetrato che non ha più giustificazioni o alibi, che oscura e in certi casi “ridicolizza” in maniera irrispettosa il lavoro di tanti dipendenti del Parma Calcio 1913: quelli che non scendono in campo ma che danno tutto per questa società, lontano dai fari della ribalta e dagli “orrori” del campo.

Qui non si tratta di analizzare e/o commentare le scelte assurde di Pecchia – la sostituzione di Sohm è l’emblema dello stato confusionale che sta vivendo tutto il Parma, come anche le parole post gara dell’allenatore – o gli atteggiamenti, i limiti caratteriali e tecnici di certi giocatori, bensì di porre l’accento sulla gestione sportiva complessiva; sulle valutazioni e il modus operandi dell’intera struttura sportiva che in questi ultimi anni – targati Krause – non ha saputo valorizzare quasi nulla, quanto meno dal punto di vista dei risultati e della maturazione dei giovani.
I giocatori presi in giro per il mondo a cifre spropositate (fuori mercato) e i relativi ingaggi da “nababbi” per la serie B, non hanno prodotto né risultati economici (tranne Oosterwolde) né tantomeno risultati sportivi. Anzi, al momento hanno generato solo buchi e voragini, oltre ad una progressiva svalutazione delle capacità imprenditoriali/sportive di Krause da parte della piazza e della tifoseria più accanita.
Il calcio italiano è così: tutto, ma proprio tutto, passa dai risultati del campo: se vinci sei un “dio”, se perdi sei il “diavolo”. Siamo fatti così, bisogna farsene una ragione e adattarsi a queste regole e ai meccanismi contorti che girano attorno al mondo pallonaro.

Il Parma, tutto il Parma (Krause , Pederzoli, Pecchia e la squadra), è in uno stato confusionale di proporzioni gigantesche – dicevamo – tanto che il rischio concreto è di trascorrere un’altra stagione fuori dai playoff e con lo sguardo rivolto all’indietro, sperando che la voragine della lotta salvezza non risucchi dentro anche i crociati.
Insomma, un altro campionato anonimo. Un’altra vagonata di soldi buttati nel cesso e un’altra possibile rivoluzione dirigenziale in estate. E anche questo è un film già visto. Il simbolo della testardaggine.
Sigmund Freud la chiamò “coazione a ripetere”, riferendosi a quelle persone che hanno la tendenza a commettere frequentemente gli stessi errori, oltre alla propensione a scegliere persone sbagliate.

In fondo il rendimento mediocre di molti giocatori nella stagione 2022-23 è identico a quello del 2021-22, e in alcuni casi anche alla stagione 2020-21. Come si può pensare che un nuovo allenatore possa trasformare un pezzo di ferro grezzo in lingotti d’oro? Cos’altro deve succedere per cambiare la visione generale di un intero progetto? Perché così non si può più andare avanti.

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