La forma e la sostanza, tutto insieme. E’ una vittoria netta (la prima in casa): Parma 2, Cagliari 0. Il Cagliari se ne va dal Tardini con un pugno di mosche in mano, cioè possesso palla (58%), 11 calci d’angolo (contro i 4 del Parma) e un solo tiro nello specchio della porta. Merito di un Parma affamato e pimpante, organizzato da D’Aversa in modo impeccabile: il 4-3-3 dei crociati, tutto sgommate e contropiede, con 10 giocatori a fare la fase difensiva dietro la linea della palla, ha esposto il Cagliari, che invece ha sfoggiato un baricentro piuttosto alto, a ripartenze letali come nel caso dei due gol di Inglese (rapina) e Gervinho (fantasmagorico).
Il Parma ha saputo aspettare l’avversario, lo ha fatto sfogare (ma non troppo), gli ha concesso il giro palla e il dominio territoriale, ma Sepe ha compiuto solo due parate degne di nota (compresa un’uscita decisiva sull’ex Cerri. Poi ha colpito in maniera chirurgica, anche se nel finale è andata in scena la sagra degli sprechi con Rigoni, Ceravolo e Deiola vicinissimi al 3-0.
La festa del Tardini al triplice fischio è uno spettacolo, ma lo è di più la magia di Gervinho, un coast to coast pazzesco da vedere e rivedere decine di volte, senza paura di fare indigestione, perché gesti così sono l’essenza del calcio. 65-70 metri palla al piede, un accelerazione devastante partita dalla propria metà campo, tre difensori saltati e un destro sul primo palo imparabile. L’ivoriano non è nuovo a imprese del genere, un paio di anni fa fece la stessa cosa in Cina con la maglia dell’Hebei.
Il primo gol, invece, restituisce a Inglese la gioia per il gol annullato poco prima (per fuorigioco) e conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che questo è un attaccante da doppia cifra e con un potenziale da club di fascia medio-alta. Insomma, oro colato per il presente del Parma. Una genialata, come quella di Gervinho, firmata dal ds Faggiano, che ora si gode una piccola rivincita personale contro chi aveva bollato il Parma come una squadra di “pensionati”.
Nel complesso si è vista una squadra impeccabile nel seguire lo spartito consegnatogli da D’Aversa, l’altro principale artefice di questa vittoria, che dopo l’Inter, ha avuto il merito di tenere tutti sulla corda (o sul pezzo), senza distrazioni o voli pindarici. Si è visto un Parma affamato, un gruppo compatto, che sa soffrire, lucido in entrambe le fasi, spietato. Una squadra che accetta di subire il gioco degli avversari ma che battaglia su ogni pallone e alla prima occasione fa male. Uno spirito che da sempre esalta il tifoso italiano, quello innamorato del contropiede e delle difesa arcigna. Gente come Alves e Gagliolo, anche oggi insuperabili, il metronomo Stulac e gli inesauribili Barillà e Rigoni, interpretano perfettamente questo concetto di calcio un po’ retrò ma sempre e tremendamente efficace, soprattutto nella lotta salvezza.
(Foto Facebook Parma Calcio 1913)