(di Antonio Boellis e Lorenzo Fava) – Adrian Benedyczak si confessa in un’intervista concessa a SportParma.
Dai suoi esordi in Polonia al suo idolo Lewandowski, passando per il trasferimento a Parma fino ad arrivare al gol col Genoa: il 22enne attaccante polacco, che con la maglia crociata ha raccolto 3 gol in 19 partite in questo campionato di Serie B (10 reti in 54 presenze totali in un anno e mezzo), ha risposto alle domande della nostra redazione.
Hai appena compiuto 22 anni, ma da quando ne hai 16 giochi a livello professionistico e sei nel giro delle nazionali giovanili polacche; e da pochi mesi sei “già” diventato papà. A differenza di tanti tuoi coetanei, l’impressione è che tu sia un giovane già maturo, determinato e con le idee chiare. È un’impressione corretta?
«Penso che sia corretto, perché ero molto giovane quando ho lasciato la mia casa, quindi per questo sono diventato molto maturo più di quanto pensano i miei amici. E adesso, dato che sono papà, mi rendo conto di cosa significhi essere maturo per davvero».
L’esultanza contro il Genoa ha fatto “innamorare” molti tifosi e ci ha dimostrato un tuo lato del tuo carattere che ancora non conoscevamo. Ci racconti come e perché hai deciso di festeggiare un gol così importante sotto una curva piena di tifosi ospiti?
«Ho applaudito così, perché sono stato provocato e ho difeso i colori che indosso. L’ho fatto per me stesso, per i miei compagni di squadra e per i nostri tifosi! Era una partita importante, “quasi” un derby, e la sentivamo dentro questa voglia e questa rabbia, anche per riscattare la partita di Cosenza».
Domenica scorsa, per la prima volta in questa stagione, il mister ti ha schierato nel ruolo di prima punta, ma paradossalmente hai segnato quando ti ha spostato sulla fascia sinistra del tridente (4-3-3). Cosa cambia per te a livello tattico e quali difficoltà comporta?
«Sono stato molto felice che l’allenatore mi abbia messo nella mia posizione in questa partita molto importante, ma sfortunatamente Mihaila si è infortunato, quindi l’allenatore mi ha spostato sull’esterno. E io do sempre tutto, ovunque l’allenatore mi metta in campo. Prima di tutto, come ala devo difendere più che attaccare, ma cerco di fare sempre del mio meglio».
Che peso hanno avuto le parole di Buffon in conferenza stampa nel post Parma-Genoa, soprattutto per voi giovani? E qual è il clima all’interno dello spogliatoio?
«Gigi Buffon è una leggenda, quindi penso che tutto quello che dica sia molto forte e motivante per tutti, in particolare per noi giovani giocatori. L’atmosfera nello spogliatoio è molto motivante, si respira sempre un’energia positiva».
Mancano 15 partite alla fine del campionato, come vanno affrontate e con quali aspettative? La promozione diretta (senza playoff) è un traguardo possibile?
«Come squadra siamo concentrati per la prossima partita. Ogni partita dobbiamo trattarla come una finale, quindi spero che questo modo di pensare ci aiuti a finire la stagione nel miglior modo possibile».
Ti sei chiesto perché non siete ancora riusciti ad avere una continuità di rendimento in campionato?
«Do sempre tutto, ma è una decisione dell’allenatore come utilizzarmi al meglio. Quindi l’unica cosa che posso fare è lavorare sodo, è la mia unica ricetta: il lavoro».
La Polonia è una terra abituata a esportare soprattutto grandi centravanti: Zbigniew Boniek e Robert Lewandowski, su tutti, ma anche Arkadiusz Milik e Krzysztof Piątek. Ti ispiri a uno di loro?
«Da ogni giocatore che hai citato puoi prendere degli spunti per te stesso, ma credo che il mio modello, e per me è uno dei migliori, sia sicuramente Robert Lewandowski».
In Italia il calcio, per il modo maniacale in cui viene vissuto e trattato da tifosi e addetti ai lavori, è stato definito come «la cosa più importante fra le cose meno importanti». È tutto troppo esasperato rispetto a come lo si vive in Polonia? E, se sì, quanto è complicato abituarvisi?
«Anche in Polonia abbiamo tifosi molto irriducibili che sono pazzi per il calcio (ride, ndr). Non vedo grandi differenze fra Italia e Polonia su questo».
Un aspetto del calcio di Serie B che ti è piaciuto e uno che proprio ancora non riesci a sopportare?
«In questo campionato, chiunque può battere chiunque. Purtroppo lo abbiamo visto anche sulla nostra pelle… Non ci sono favoriti, al momento, anche se il Frosinone ha preso un buon margine di distacco. Cosa non mi piace? Gli stadi. Devo dire che non mi piacciono particolarmente, di solito sono molto vecchi».
Quest’estate sono circolate voci su una tua possibile cessione all’estero: erano fondate?
«Non mi piace condividere questo aspetto della mia carriera e anche della mia vita. Quindi l’unica cosa che posso dire è che, anche se ci sono state voci su di me, finalmente sono rimasto qui per rappresentare i colori del Parma, di cui sono orgoglioso e onorato».
Come ti trovi a vivere a Parma e qual è il tuo rapporto quotidiano con gli «spazi» e il cibo della città?
«Il cibo italiano è il migliore per me, quindi mi sono innamorato di quei pasti. Parma è anche una città molto sicura, quindi mi sento davvero orgoglioso di vivere qui con la mia famiglia».