Ci sono tanti modi di interpretare il ruolo del portiere e nessuno genererà consenso. Leandro Chichizola ne ha uno tutto suo: divisivo per la temerarietà, ma in fondo, forse, non compreso a dovere.
L’errore in disimpegno che ha regalato il momentaneo 1-1 al Bari è stato uno shock che – per fortuna, del singolo e del collettivo – non ha inficiato sul risultato finale. Ma fa parte dei rischi di un mestiere che negli anni è stato ripensato e ha assunto forma che è stata sdoganata dai precursori sudamericani, prima, e tedeschi, poi.
Non si chieda a Chichizola di omologarsi alla categoria dei portieri sobri che hanno come riferimento quella riga che delimita un territorio di appartenenza. No, quei 16 metri sono piuttosto un confine per uno come l’argentino del Parma. “Chichi” è istintivo, abituato a trascorrere le proprie partite lontano da quella «prigione dalle sbarre bianche». Anzi, ha il coraggio di uscire dall’area per spingersi, a suo rischio e pericolo, oltre i limiti del ruolo. Questa è la sua indole ma anche la direttiva con la quale lo impiega, responsabilizzandolo, Fabio Pecchia che è perfettamente conscio della mancanza in rosa di centrali di difesa dai piedi ben educati. E per questo ha affidato all’estremo difensore scuola River Plate la costruzione della manovra. Non semplice portiere, bensì estremo difensore: il vero e proprio libero di una volta dunque, ma con i guanti.
La gara col Bari ha visto Chichizola al centro dell’azione dei Crociati. Basta sapere che soltanto capitan Delprato ha toccato il pallone (70 volte) più di quanto non lo abbia fatto lui (51 tocchi) che è il più lontano di tutti; dall’altra parte del campo, Brenno ne ha fatti poco più della metà (28). Giusto per un confronto. Inoltre, approfondendo le statistiche post partita, si scopre che Chichizola è il secondo giocatore per numero di passaggi (43) – appena 9 in meno del terzino destro sopracitato, ma anche 7 e 11 in più in confronto ai centrocampisti Estévez ed Hernani – e 25 di questi sono riusciti alla perfezione.
Pecchia sa che poter schierare un portiere così abile nel gioco coi piedi è una scelta, ragionata e consapevole, fatta in virtù di ottenere in cambio un atteggiamento più offensivo della squadra, un’occupazione degli spazi totalmente differente, una mentalità che guarda in avanti e non all’indietro. «Io gli chiedo tanto e di giocare 30 metri davanti alla porta– ha ammesso il mister in conferenza – e domenica scorsa aveva fatto pure due assist». Lo svarione in cui si può incappare (sebbene sia un lusso mai ammissibile per il “guardiaporta”) è calcolato e, come tale, va messo in conto senza isterismi. D’altronde, ci sarà sempre “il” martire – il portiere – a prendersi più gli oneri che gli onori. Chichizola è impreziosito dal ruolo di protagonista attivo nel gioco della squadra, ma in fondo condivide con tutti i colleghi il maledetto destino di essere da solo con il proprio sbaglio.