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Rugby

Zebre: il bilancio di Manghi dopo un terzo di stagione

Zebre: il bilancio di Manghi dopo un terzo di stagione

Settimana di pausa dagli impegni agonistici per i giocatori delle Zebre, settimana di lavoro invece per lo staff dirigenziale che sta preparando i prossimi impegni casalinghi e le prossime iniziative della formazione bianconera per il proseguimento della stagione sportiva che riprenderà  domenica 18 Novembre con l’atteso match dello Stadio XXV Aprile di Parma contro la capolista della RaboDirect PRO12 Ulster Rugby, …

… unica formazione imbattuta dei principali tornei dell’emisfero nord.

Chi meglio del direttore generale della franchigia federale, Roberto Manghi – manager, allenatore ed ex giocatore- può illustrare a 360° tutta l’attività della formazione bianconera dopo il primo terzo di sfide ufficiali tra RaboDirect PRO12 ed Heineken Cup.

Partiamo dalla parte sportiva, Roberto: come giudichi questa prima parte di sfide?

Sotto l’aspetto dei risultati chiaramente non sono molto soddisfatto, avevamo la possibilità di poter vincere un paio di partite e purtroppo ce la siamo fatta scappare. C’è una crescita tecnica di tutto il gruppo che fa ben sperare per il futuro, abbiamo una rosa talmente giovane che ci permette di essere esuberanti in certi momenti della partita, ma in altri momenti facciamo errori che purtroppo paghiamo caro. Giochiamo contro squadre con più esperienza, questa crescita tecnica sfocerà presto in una vittoria: spero sia l’evento che possa poi farci ottimizzare tutti gli aspetti in campo.

Cosa manca dunque alle Zebre per raggiungere risultati positivi? Più mancanze fisiche, mentali, tecniche o d’atteggiamento?

Ci manca una continuità nel gioco, essere cinici nei momenti clou della partita: quando abbiamo possibilità di segnare e fare male all’avversario non siamo efficaci. Nello stesso tempo in certi momenti abbiamo un buon gioco anche se fino ad ora non abbiamo capitalizzato tutto, in queste nove gare in 6 di esse siamo stati in partita fino agli ultimi 5 minuti. E’ una rosa giovane dove abbiamo centellinato l’utilizzo degli stranieri rapportato alle altre squadre: penso che il futuro sarà dalla nostra.

Parliamo di questa rosa, dopo aver visto 39 dei 40 giocatori in campo, sei contento della rosa costruita questa estate per perseguire il progetto di crescita dei giovani voluto dalla Federazione?

Sarei stato più contento nel vederli tutti in campo, soprattutto il quarantesimo : il nostro capitano Marco Bortolami, quello con più carisma ed esperienza internazionale. Il massimo rammarico è non averlo avuto a disposizione: l’avrei visto volentieri in questo gruppo di giovani. Abbiamo pochi giocatori con un’esperienza internazionale. Parlo dei vari Perugini, Orquera, Geldenhuys, Bergamasco, Aguero, Festuccia, Sole, Garcia, Pratichetti: tutti hanno contribuito tanto alla crescita dei nostri giovani. Purtroppo l’infortunio con la Nazionale nella tournée estiva e il travaglio di operazioni subite non ci ha permesso di avere Marco in campo, e per altri due mesi sarà fuori dalla rosa. C’è mancato il suo punto di riferimento per la touche; per il resto tutti hanno dato il loro contributo.

Chi è andato oltre le tue aspettative e quali le sorprese in positivo?

Certi mi hanno stupito ed altri sono in fase di crescita. Tutti stanno rispondendo a livello individuale: chiaramente la squadra costruita velocemente più partite giocherà, più troverà amalgama. Tra i più esperti penso che Pratichetti e Garcia stiano giocando a livello alto e potessero meritare una chiamata dalla Nazionale italiana per i test match autunnali. Tra le sorprese invece penso che Manici e Redolfini abbiano dimostrato ottime possibilità di crescita. Stanno dando quello che tanti non si aspettavano potessero dare: dal momento che gli abbiamo voluti e crediamo in loro, m’aspettavo questo da loro. Penso non siano sorprese ma giocatori che stanno dando già ora quello che potranno dare anche al rugby italiano nei prossimi anni.

Da ex-giocatore ed allenatore, come vedi questo rugby moderno d’alto livello europeo? Te l’aspettavi così?

Due competizioni di alto livello strutturate su delle culture ovali nazionali ben definite. Le formazioni di Irlanda, Scozia e Galles hanno caratteristiche differenti di gioco; se uniamo loro anche Francia ed Inghilterra otteniamo un campionato europeo completo fatto di scuole di gioco differenti utili per i nostri giocatori da dover affrontare per farli crescere. Un domani quando porteremo questi giovani a questo livello penso otterremo risultati per tutto il movimento italiano, credo tanto nel futuro di questa squadra.

E le tue Zebre rappresentano uno stile di gioco italiano o la guida tecnica del francese Gajan, coadiuvato da Troncon e Troiani, ha plasmato un altro stile?

Stiamo mettendo a frutto il lavoro che gli allenatori dei più giovani hanno fatto nelle accademie della Federazione e nelle nazionali giovanili in cui molti ragazzi sono stati: partiamo da questa base tecnica. Nelle ultime gare una buona difesa avanzante sta diventando la nostra arma d’attacco, il cambio tra difesa ed attacco è basato sul possesso palla. Se abbiamo buone opportunità è giusto provare a tenere l’ovale, altrimenti meglio calciarlo e alzare la difesa. L’avanzamento è il nostro obiettivo. In certe gare abbiamo sofferto e pagato errori in fasi di nostro possesso per la voglia di giocare. Penso che anche una crescita di potenza fisica dei nostri giovani potrà dare più frutti alla nostra voglia di produrre gioco.

Dopo sei trasferte che ti hanno portato in Galles, Scozia, Francia ed Irlanda, cos’hai notato a livello organizzativo d’importante da portare nelle tue Zebre?

Nei paesi anglosassoni c’è una cultura del rugby alta e popolare, quello che si vede che tutti gli impianti sportivi sono di alto livello. Gli stadi sono capienti, sicuri, piacevoli e pieni di tifosi con alta educazione rugbistica. Ci tengono molto ad essere etichettati come fondatori di questo sport, e a mantenere alto lo spirito e la passione verso il rugby nelle generazioni. Si respira un’aria frizzante: vorrei che i nostri tifosi la potessero respirare seguendo la squadra all’estero. E’ bello l’ambiente delle sfide delle nazionali all’estero ma anche la cultura di questi club storici da cui abbiamo da imparare.

Come sono viste le Zebre all’estero?

Siamo partiti da un discorso di curiosità nei nostri confronti ma la sorpresa è stata quella ci essere presto etichettati come una formazione mai doma. I migliori complimenti gli abbiamo avuto nelle ultime gare dove qualcuno si è accorto che meritavamo di più di quello ottenuto. Spero nel futuro queste formazioni non abbiano molto piacere a giocare contro di noi per quello di buono che avremo fatto in campo.

Mentre invece qual è il giudizio di addetti ai lavori e stampa italiana? Segui i giornali, i siti, i blog?

Leggo i giornali che purtroppo parlano poco di noi. Non m’interessano i blog con commenti spesso faziosi, non firmati e scritti da persone spesso non competenti . Mi piace parlare ed avere risposte da qualcuno che mi guarda in faccia mentre esprime quello che pensa.

Quale l’impegno più gravoso per un direttore generale? Ci puoi svelare qualche iniziativa speciale in arrivo?

Quando uno lavora sulle sue passioni si può ritenere fortunato, ci sono momenti con più difficoltà ma con voglia e passione si sopperisce a tutto. Essere partiti all’improvviso, con un passato di problemi coi giocatori non vissuto da noi direttamente, non ci ha reso la vita facile. Penso che poco per volta stiamo costruendo qualcosa, abbiamo finito le fondamenta e adesso spero di passare ad altre parti del nostro cantiere. Presto sarà disponibile la nostra linea di merchandising in distribuzione sia allo stadio sia nei punti vendita del nostro sponsor Conad. Nei prossimi due mesi avremo tante sorprese e soddisfazioni per i nostri tifosi in campo e fuori dal campo.

Qual è dunque l’aspetto dove c’è maggiormente da migliorare a livello di staff organizzativo?

Ho lavorato poco con uno staff di così alto livello, dato che le mie esperienze vengono dal campionato italiano. Ho trovato persone con già diverse esperienze su livelli più alti che in questo momento stanno collaborando bene per creare amalgama. Avere Giancarlo Dondi ed il suo apporto dentro la nostra franchigia ci porta e porterà vantaggi importanti: abbiamo tutti da imparare dalla sua esperienze e dai progressi che ha fatto fare al rugby italiano. A livello sportivo stiamo condividendo una buona esperienza e la voglia di fare bene con lo staff tecnico ed il team manager Ongaro. Tra i giocatori Bortolami e Bergamasco mi hanno stupito nel loro modo di lavorare. Dimostrano, da trentenni, grande professionalità e passione; uno nel recupero e l’altro per mantenersi ad alto livello. Complimenti a loro, auguro ai giovani di seguire il loro esempio per arrivare lontano.

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