Non è stato uno qualunque, Simone Maraffi. Te ne accorgi guardando la folla che riempie e circonda il Duomo di Berceto per portare il proprio affetto a mamma Rita, papà Antonio e alla sorella Giorgia. Lo capisci mentre ascolti la toccante omelia di don Giuseppe Bertozzi, parroco che lo conosceva bene, o le parole strozzate in gola del messaggio dei suoi amici in chiusura di funzione.
Per chi ha conosciuto Simone, é impossibile capacitarsi e realizzare che lui non ci sia più e che, nel giorno della festa del papà, venga celebrato l’estremo saluto ad un ragazzo di 21 anni, giovane figlio dei monti, con la gioia di vivere una vita ancora da compiersi. Oltre alle passioni per ciclismo e montagna, aveva aggiunto gli impegni anche per il ballo liscio e per il volontariato presso la Croce Rossa di Berceto.
Non è stato uno qualunque, Simone Maraffi. Ne nella vita di tutti i giorni, ne in sella alla bici.
Lo sapeva bene anche la grande famiglia del ciclismo parmense e non solo, con i suoi ex compagni e tecnici del Noceto su tutti che lo salutano appoggiando le maglie della squadra sulla bara per il suo viaggio più lungo senza ritorno.
I loro ricordi riaffiorano senza doverli chiamare alla mente, tanto da farli tremare e le lacrime continuano a scendere senza poterle fermare, tanto da sfinirli. Per loro, uomini di ciclismo, la scomparsa di Simone é uno strazio, una fatica immane, una salita troppo dura, in cui sei costretto a mettere il piede a terra. Una salita che, così dura in natura, non esiste.
Anzi, che diventa pure beffarda se si pensa che la tragica slavina sull’Alpe di Succiso è capitata il 13 marzo, stesso giorno in cui tre anni prima il buon “Maraffone” era stato protagonista e gregario di lusso della vittoria del suo compagno Belforti nella gara degli juniores a Montecchio. Quel giorno fu una festa, oggi domina solo il dolore e anche “la fede vacilla”, come ha sentenziato Don Giuseppe.
Se inizi la tua avventura dagli allievi – categoria tanto impegnativa quanto ancora spensierata – e da “secondo anno” vinci in solitaria una classicicissima come la Coppa Dondeo o se da juniores – prima categoria spartiacque per capire meglio il mestiere del corridore – vinci anche un titolo regionale a cronometro, allora chi mastica di ciclismo giovanile sa che non sei stato un atleta qualunque.
Certo, c’è chi fa di meglio e Simone ne era consapevole con la giusta umiltà, come quando nel 2012 a Collecchio, lui “rookie” in maglia Podenzano tra gli Under 23 nel Trofeo Edil C, si era meravigliato fino all’imbarazzo nel vedere quei cartelloni fatti in suo onore da parte dei suoi amici-tifosi, scesi apposta da Berceto, per sostenerlo nella sua prima gara parmense di quell’anno.
Bastava leggere quel “Maraffi, il cingolato di Berceto” o “Forza Maraf!!” – diventato poi l’ultimo disperato e vano appello alzatosi in coro mentre in ospedale lottava per la vita – per capire che Simone non è stato uno qualunque. Adesso lo sapranno anche sulle strade e sui monti del Paradiso.